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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   tare, veniva invitato spesse volte alle mense dei ricchi; ma egli si diportava cosi decorosamente, che l'arte e la povertà di Ini furono tenute in onore. Ferchò questo gH riuscisse, non cercò mai i segreti di nessuno: non volle che ricchi scioperati bazzicassero per casa sua : a ninno servì di zimbello, a ninno di mezzano. Ricusò di fare il bravo ed il 'cagnotto...
   — Che? che?
   — Di fare il sicario.
   — Ah!
   — Poiehè non volle mai armi, salvo le lime, i martelli e il suo fedel violino. Non fu presuntuoso, sfacciato,, adulatore; non andò mai dove non era invitato; non seppe mostrare bianco per nero, ma sempre al pane disse pane, carne alla carne, e in tutta sua vita snocciolò schiettamente la verità.
   — Viva il ferraio! Bclamò l'arrotino.
   — Viva Giulio Cesare, ripetè la comitiva.
   — Viva la lira! per dieci... e due dodici, gridò da ultimo Bartolino.
   — Queste due vite d'artigiani, prese a dire il maestro, mi hanno assai edificato ; e mi rallegro con lei, signor Teòtimo, che abbia saputo trarlo fuori dal tarlo e dalla polvere di qualche antica libreria.
   — Non le ho tratte io, rispose il signor Teòtimo; e lascio indovinare a lor signori chi me le abbia procurate.
   — Non saprei...