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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — Oh ohi fu egli un Tasso, un Ariosto?
   — Mai più, mai piùt Fu un ottimo marito, un amoroso padre di famiglia, che formò la delizia delle due mogli che ebbe, e de' quattordici figliuoli che gli nacquero.
   brasiti sclamò l'organista. — E diedero tutti in una risata.
   — Signori sì, fu buon marito, buon padre, baon a-mico, buon cittadino. Era un omaccio di cuor tenero, che aiutava i poverelli, scrivendo in loro nome il memoriale al gonfaloniere, la lettera al protettore, il ringraziamento allo zio; giovando, in una parola, coll'in-telletto, col cuore e colla mano a quanti tapini sentivan la maggiore delle disgrazie, quella d'esser ignoranti.
   — Ora lo amo anch'io davvero, proruppe il cartaio, e la mi scusi, signor Teòtimo, se ho trattato il magnano da cantastorie. < Ei fu galantuomo, e gli voglio bene anch'io... E lei la mi scusi.
   — La pace è fatta, rispose il signor Teòtimo colla usata schiettezza patriarcale. —* Ora aggiungerò che il Croci sonava bene il violino, sicchò lo chiamavano Giulio Cesare dalla lira.
   — Lira da ve... venti soldi? chiese Bartolino, facendo ridere tutti.
   La lira fu uno strumento a corde che sonavano i cantori antichi; e Giulio Cesare che sonava il violino, come gli antichi poeti la lira, era chiamato dalla lira, cioè a dire dal violino. Sapendo dunque sonare e can-