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città; e il nostro Croci, che non voleva passar l'inverno nella stalla e udir la fola dell'uom selvatico o delle streghe o de' vampiri, deliberò di mutare atmosfera, e recossi a Bologna.
— A far poi che? dimandò Biagio.
— A lavorare da fabbro... ed a studiare. Infatti, il giorno stava alla fucina ed all'incudine, e guadagnavasi il pane, e la sera studiava Storia e Mitologia, e saziava l'intelletto.
— Ha detto Mitologia? dimandò Isidoro.
— SI Mitologia, cioè le storie delle antiche divinità e degli antichi eroi, nelle quali sotto il velo della favola si nascondono verità morali degne di essere considerate e seguite.
— Ora capisco.
— Pieno di cognizioni e pieno di fantasia, il nostro Giulio Cesare, scrisse in prosa ed in rima storielle, canzoni, dialoghetti, romanzi, de' quali il migliore è quello popolarissimo di Bertoldo e Bertoldino (come vi ho accennato) , il quale nel secolo scorso fu tradotto in bellissimi versi dai migliori poeti bolognesi che allora vivevano.
— Alla fine fu un cantastorie, disse il cartaio con aria di sprezzo.
* — Un cantastorie sì, ma non bislacco, non ciarlatano ([rispose con calore il signor Teòtimo); un artigiano inoltre di molta abilità e di buon gusto; e po' poi qualche cosa di più.
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