LXII
Prefazione
landò.... » 1). Il Petrocchi qui osservò: « Ecco un di certo non punto certo ; anzi diremmo il contrario. La parola conciossiacosaché (se leggi bene con ciò sia o fosse cosa che, non è poi il diavolo) usava fino dalla pili remota italianità, quando non si scriveva che il linguaggio parlato, e l'à usata più volte in prosa anche Dante Alighieri »2). Senza contare, infatti, il con-ciòssiaché e il conciòfossecòsaché, pure usati nella Vita N. e nel Conv., ricorre oltre a settanta volte in queste opere il conciòssiacòsaché 3), né il Poeta usandolo si figurava di crear egli stesso un modo insolito nella parlata del tempo suo; modo che, dall'uso comune passato al letterario, durò fino a' bei tempi del Manzoni e del Leopardi, e cadde per la sola virtù innovatrice di questi sommi, che in una col Monti svecchiarono pur tanta parte della lingua di Dante.
') Città di Castello, Lapi, 1904 ; pp. 3-4. - Il Mor/VNDI quivi continua : « e trovo che il cavalier Lionardo Salviati, volendo fare il maggiore degli elogi al medesimo libro, dice che in esso, ' cosa che appena par da credere, l'Autore la moderna legatura delle parole, e il moderno suono, mentre continuo 1' aveva nelle orecchie, si potette dimenticare ' (Degli avvertimenti della lingua sopra il Decame-rone. Venezia, 1584 ; pag. 94) ». Osservo che il Salviati non potè qui alludere al conciòssiacòsaché; usa egli stesso infatti, oltre elio assai volte altrove, un «conciossiecosa che» proprio in quella pagina in cui si legge il passo riferito quale autorità - ma, sembra a me, franteso - dal eh. prof. Morandi.
2) La lingua e la storia d'Italia dalle origini fino a Dante. Roma, Ermanno Loescher, 1903; p. 10, nota: è un primo volume che, pur troppo, non avrà séguito ! Anche quanto riferiamo, e qui correggiamo, rivela il difetto di quella revisione che fu tolto di compiere all' autore.
3) Con questi accenti avrei dovuto segnare, nel Vocabolario, la voce: si veda anche nelle Giunte la parte sfuggitami, per la divisione logica nelle componenti qual è offerta dal Beck.