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Prefazione
del Fay risultato facilmente allo Scartazzini - il quale non s'accorse del nuovo incanto -, per far tornare la fatidica somma, dunque, bisogna dimenticare non pure il latinismo Deo, ma quell'Iddio che in un luogo (Inf. iii 103) del poema trova tutte concordi le edizioni, e che sarà tuttavia noverato dove queste discordano; la voce Dio, infatti, nella «seconda Crusca » (Firenze, 1837) appare 128 volte, presso il Witte, il Moore e il Toynbee 125, e nella novissima edizione del Vandelli non più di 121 '). Ora quale testo segui il Petrocchi? Nessuno: senza di che, non s'è mai saputo che, per far tornare cotesti computi, Dante venisse via via registrando e noverando - per esempio, in un volume come il nostro - le quante volte gli usciva dalla penna la tale o tal altra voce. E 'questo lia suggel ' a si grame sottigliezze, che non par vero seducessero pur l'acuto ingegno del glottologo toscano.
') 11 Witte o il Moore leggono Dio ali 'Inf. i 131; li segue «Ulivi il Vandelli, lasciando la Crusca e loro, oltre che ne' quattro luoghi indicati dal Fay (Inf. xxv 3; Purg. xiii 117; Par. xx 138; xxiv 130), altresì' ali 'Inf. viii 60; xi 51; xix 112; Par. xxviii 128 (lo ult. duo varianti, nel Bull. d. Soc. dant. cit., XI, 127 ss., non appaiono). - Secondo l'indico del Toynbee, nel testo del Moore (vedi puro l'odisi, del 1900) la voce Dio ricorrerebbe 130 volte, perché, evidentemente, vi si tenne conto della sola variante all'in/, i 131; perciò tutti gli esponenti (26, 41, 63) riescono quivi errati. - Insomma, le due voci Dio e Iddio nel poema si leggono complessivamente 130 volte, non già 135 (v. qui il Vocàbol. e le Giunte). - Sovra le discipline cabalistiche del tempo e le nozioni che Dante ne potè avere e le prove che n'oll'rirebbo il poema, scrisse da ultimo l'illustre Edward Moore : The ' DXV ' propheaj in the Divina Commedia (Purg. xxxiii 37-45), Oxford, 1901 (cfr. il Bull. d. Soc. dant. cit., IX, 40). - Per la Commedia di D. A. ed. dal Toynbee, si veda qui la p. xlvii, nt. 1.