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Elementi di Geografia Moderna

Nicola De Giorgi
R. Carabba Editore Lanciano, 1928, pagine 387

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   . 147
   diiji, animati da un solo spirito, concorrere fraternamente per diversi modi alla felicità della patria e gareggiare fra loro per accrescerla, per renderla stabile e perpetua. Veggo i chierici gareggiare coi laici di amore pei nobili studi, e di zelo pel pubblico bene ; rivolgersi per gli ospizi di carità e di beneficenza, frequentare gli ospedali, le carceri, i tuguri dei poveri, non meno che i musei, le biblioteche, le radunate dei sapienti, e coltivare insomma con pari ardore ed assennatezza tutto ciò che ammaestra, nobilita, adorna, consola e migliora in qualche modo 1' umana vita. Veggo i cultori delle arti meccaniche e gli uomini dediti alle industrie e ai traffici non pensare solamente al 'loro proprio utile e a quello della loro famiglia ; preferire quelle opere od imprese che tornano anche a profitto e a splendore del loro paese natio...
   Veggo i giovani attendere indefessamente agli studi, fuggire 1' ozio, la dissolutezza, i vani spettacoli, le frivole brigate, avvezzarsi, non chiacchierando, ma imparando e'meditando, a potere un giorno utilmente operare; indurire, esercitare il corpo per renderlo ubbidiente all' animo, forte agli assalti, tollerante alle privazioni e indomito ai travagli ; acquistare in tutto la signoria di sè medesimi, come la condizione più necessaria a far cose grandi in qualunque genere, ed essere insomma, non di nome, ma in effetto, le speranze della patria.
   Vincenzo Gioberti.
   PER LA GRANDEZZA D'ITALIA
   Occorre una virtù, che è raramente italiana, ma che è certamente fascista : la virtù della tenacia paziente, la virtù del silenzio operoso, virtù per la quale da quello che eravamo, popolo qualche volta troppo sognante, troppo immemore delle sue necessità e del paziente lavoro, vogliamo trasformarci in una lùaravigliosa compagine di anime tese nello sforzo ostinato, cosciente, volitivo ; virtù per la quale noi possiamo trasformarci da quello che fino a ieri siamo stati creduti, in un maraviglioso popolo di artieri, di fràbbricatori, di costruttori.
   Bisognerà che i nostri industriali, che i nostri artigiani, che i nostri -contadini si curvino sui loro strumenti di lavoro, ben decisi di non cedere fino a quando la macchina non produrrà il più beli' attrezzo, fino a quando la zolla di terra italiana non darà più frumento che la più fertile terra del mondo.
   -Bisogna chinarci verso la nostra terra, terra che è bella non soltanto per i suoi multiformi, aspetti, ma per le ricchezze che contiene nelle sue viscere, bisognerà cioè, invece di camminare con gli occhi rivolti al nostro bel cielo, frugare déntro la nostra terra dove pure c' è ferro, c' è carbone,
   è la ricchezza, la libertà e 1' indipendenza del domani.