Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      torno dei Giudei dalla babilonica schiavitù. Al ri* comparire di questi, anche i Samaritani vollero partecipare alla riedificazione del tempio cogli Ebrei, offrendo l'opera loro a Zorobabele, il quale la rifiutò, soggiungendo che Ciro re dei Persiani ai soli Giudei comandato aveva di rialzare il tempio. Se ne tennero offesi i Samaritani, e rotto ogni ritegno, si manifestarono aperti nemici degli Ebrei, cui cagionarono continui disturbi sotto i due regni di Ciro e Cambise, dal 560 al 52*2 av. C., acchetandosi soltanto nel 519, sotto Dario 1 Istaspe (1 Esdra, iv, 1-5). Cominciata per tal guisa la discordia, crebbe di anno in anno, ed è pur probabile che quanto più i Samaritani si staccavano dall'idolatria, dedicandosi esclusivamente ad uua specie di culto di Jeova, tanto più sentivano il disprezzo con cui trattavano gli Ebrei le loro profferte di fratellanza, finché scoppiò la crisi. Verso il 409 av. C. un certo Manasse, di schiatta sacerdotale , espulso da Gerusalemme per decreto di Neemia, a cagione d'illegittimo matrimonio, ottenne il permesso da Dario Noto, regnante allora nella Persia, di edificare un tempio sul monte Garizim, ad uso dei Samaritani, presso cui erasi rifugiato. Ciò aggiunse esca alle ire ed ai rancori, e dicesi che i Samaritani non lasciarono intentato alcun mezzo per cagionar danni e disturbi agli Ebrei, negando ospitalità ai pellegrini che, passando per il loro territorio, recavansi in Gerusalemme, e traendoli perfino fuori di strada, di modo che molti di essi preferivano la via più lunga all'È, del Giordano. Dicesi inoltre che alcuni Samaritani penetrarono un di nel tempio di Gerusalemme e lo contaminarono, spargendo sul pavimento ossa di morti (Joseph., Antiq. xviii, 2, §2; xx, 6, § 1), considerando il loro tempio di Garizim superiore al gerosolimitano, celebrando in esso ogui anno la pasqua, e dirigendo le loro preci e i caldi voti alla montagna, ovunque fossero dispersi, anche quando il tempio era di già crollato. Pretendevano eziandio che la copia del loro Pentateuco, detto per eccellenza la Legge, superasse in antichità ed autorità qualunque copia ne possedessero gli Ebrei ; e cotale legge era l'unico loro Codice, perchè ripudiavano tutti gli altri libri del canone ebraico.
      Nè gli Ebrei procedevano verso i Samaritani con maggiore delicatezza, asserendo che la copia della Legge posseduta dai secondi era l'eredità di un apostata (del fuggiasco Manasse), e che doveva dubitarsi della sua autenticità; che non erano di ebraico linguaggio, ma Cutei, gente straniera, immigrata dall'Assiria, adoratori d'idoli, sepolti da lunghissima pezza sotto la quercia di Sichem xxxv, 4). Non volevano affari con essi, facevano il possibile per evitarli, ed isfogando la collera contro chiunque recasse loro offesa, col dirgli : Sei Samaritano, ed hai il diavolo. Ogui oggetto toccato da un Samaritano era per gli Ebrei immondo, e non è quindi a meravigliare se nelle sinagoghe ebraiche il Samaritano venisse esecrato, e se per conseguenza non fosse ammesso a testimoniare nei tribunali ebraici ; rimanesse escluso da ogni proselitismo, ed anche dalla speranza della vita eterna, per quanto dipendesse dagli Ebrei, la cui antipatia verso di loro viene gagliardamente espressa nel-
      V Ecclesiastico (l, 27, 28) colle parole: c Due genti odia l'anima mia; e la terza che pur odio non è una gente: i montanari di Seir ed i Filistei, e quel popolo 8tolto che abita in Sichem » (capitale primitiva dei Samaritani). Perfino gli Apostoli erano mal disposti per i Samaritani, avendo chiesto al loro maestro il fuoco sterminatore contro un villaggio samaritano che mancato aveva di ospitalità. Li rimbrottò il Salvatore, rispondendo che non sapevano di che spirito fossero, nò si lasciò mai sfuggire improperii contro i Samaritani, sebbene dalle stesse sue parole si arguisca che non erano Ebrei. Inviando infatti egli per la prima volta i dodici apostoli alla predicazione, dice ai medesimi: 4 Non vi recate nelle regioni dei pagani, e non entrate in qualsiasi città dei Samaritani, ma andate piuttosto in traccia delle pecore smarite d'Israele > (Matt., x, 5, 6), adoperando anche in altre circostanze lo stesso linguaggio [Act., i, 8; Joan., ir, 22). I Samaritani adunque contemporanei al Redentore erano un popolo distinto dall'ebraico, sebbene dimorante in mezzo a questo; un popolo cbe conservava ancora la prisca sua identità, quantunque fossero trascorsi sette secoli dacché erano stati trasportati dall'Assiria per opera di Asaraddone, ed avessero abbandonato il politeismo per una specie di ultramosaismo. Sebbene i loro confini fossero stati gradatamente ristretti, e fosse stato distrutto da Giovanni Ircano, nel 130 av. C., il loro tempio sul Garizim, punto di accentramento per il culto religioso; e sebbene la precipua loro città (Samaria) fosse stata più e più fiate distrutta, ed il loro territorio un campo di battaglia per gli Egizi ed i Siriani, conservavano essi nondimeno ancora la loro nazionalità; volgevano le loro adorazioni ancora da Sichem e da altri luoghi desolati verso il sacro monte, nè potevano amalgamarsi cogli Ebrei. Non è però da credere che tutto il paese detto ai tempi di Cristo Samaria fosse posseduto dai Cutei Samaritani, o che cosi fosse mai stato, posto com'era tra la Giudea e la Galilea, cominciando da un villaggio che chiamavasi Ginea ( Gineea% oggi Ginìn) nella grande pianura di Esdre-lon, e stendendosi fino alla toparcbia di Acrabatta, nella parte più bassa del territorio di Efraim. Questi punti, indicando gli estremi gradi N. e S. della latitudine di Samaria, ci rendono atti a stabilirne i confini con qualche certezza. Confinava pertanto al N. colla catena dei monti che comincia al Carmelo, da 0., e fatta una curva al S. 0., corre quasi diritto all'È, verso la valle del Giordano, formando il confine meridionale della pianura di Esdrelon. Toccava verso il S. quanto più davvicino poteva le frontiere settentrionali di Beniamino, e comprendeva cosi l'antico territorio di Efraim e di quei Manassiti che stavano all'O. del Giordano. I Cutei Samaritani non possedevano per altro che poche città e pochi villaggi su cotesto ampio spazio, quasi nel centro, avendo per capitale Sichem o, come dicevasi per ischerno, Sicar, anche prima che il Magno Alessandro avesse distrutto Samaria, forse perchè la prima era quasi attaccata al monte Garizim. Successivamente Sichem si conservò ancor più nel suo grado di capitale ; ed i Sichemitt, distrutto il tempio sul Garizim da Giovanni Ircano
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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