Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      SAÌMÀ
      ghezza di 1000 chilom., sopra uoa larghezza media di 150 a 200. Le isole principali oud'è composto quest'arcipelago sono Bouka, Bougainville, Choiseul, Santa Isabella, Giorgia, Carteret, gli Arsacidi, Gua-dalcanar, San Cristoforo e Bennal. Le coste di queste isole sono alte e dirupatissime, circondate di scogliere e banchi madreporici, che rendono la navigazione pericolosa nei loro paraggi. L'interno ò intersecato da montagne boscose e da belle e fertili valli, alcune delle quali coltivate. Parecchie di queste montagne sono vulcaniche. II terreno è coperto d'alberi fino alle più alte cime. Fra i prodotti vegetali citeremo il garofano, il caffè, il cocco, l'albero da pane, il palmizio a ventaglio, la cannella e altri alberi che gemono resine e gomme odorose. Il cane e il majale vi sono comuni, e abbondanti gli uccelli di specie svariatissime. Le foreste sono popolate da vaghissimi papagalli, da serpenti, da rospi crestati, da ragni lunghissimi e da formiche grossissime. Trovasi dell'oro in alcune isole. Gli indigeni dell'arcipelago di Salomone sommano a circa 100,000 e pajono di due razze; gli uni, neri, hanno i capelli lanosi, ma non il naso cosi schiacciato, nè le labbra cosi grosse come i negri ; gli altri, del colore del rame, hanno capelli lunghi che recidono attorno alla testa. Questi isolani si cincischiano il corpo e portano ornamenti agli orecchi ed alle cartilagini del naso; vanno ignudi, tranne una cintura. Le loro armi sono l'arco, la clava ed una specie di scudo di vinchi; fanno prova di grande abilità nella costruzione dei loro cauotti, cbe hanno diciotto o venti metri di lunghezza sopra uno di larghezza. Sono continuamente in guerra coi loro vicini, e i loro capi esercitano sopra di essi un potere dispotico.
      Queste isole furono scoperte nel 1567 da Men-dagna, che ne dipinge gli abitatori come antropofaghi. Surville, cbe le visitò nel 1767, pose loro il nome d'Arsacidi (ch'ei credeva fosse l'etimologia della voce assassino), perchè gl'indigeni gli uccisero proditoriamente alcuni del suo equipaggio. Sbart-land nel 1788 diede a questo gruppo il nome di Nuova Giorgia.
      SAL0NA (lat. Salona, Salonce, gr. ZoAòtvoe, SaXwvott, illir. Soliti) (geogr. e stor.). — Già grande e magnifica città della Dalmazia, oggi umile villaggio, all'angolo S. E. del golfo in cui s'insinua l'Adriatico formando il Canale dei Castelli o delle Castella, al N. del fiume Giadro (Jader). La descrizione di Lucano, in soli due versi (vm, 104):
      Qua maris Adriaci longas ferit unda Salonas
      Et tepidum in molles eephyros excurrit Jader,
      concorda coll'oblunga sua forma, ravvisabile tuttodi, coi suoi ruderi e coll'audamento del fiume. Sebbene i pubblici edifizi e le case dell'aurea Salona sieno stati distrutti, rimane nondimeno tanto di mura da mostrare e l'estensione e l'ubicazione della città; e l'arco del ponte è prova evidente che il corso del fiume non si è punto cangiato. Consisteva la città in due parti, l'orientale e l'occidentale ; sopra un terreno alcun che più elevato la seconda, pendente al N., lungo il quale ergesi da quel lato il muro. Poche notizie si hanno di Salona prima dei tempi di Giulio Cesare ; caduta Dalminio o Delminio (Dal-
      tntnium, Délminium, oggi Dumno o Davno nell'Erzegovina, all'È, di Limo) in potere dei Romani, capitanati dal console Ftgulo, che nel 156 av. C. la incendiò, divenne dessa la capitale della Dalmazia, ed il quartier generale di L. Cecilio Metello, nel 117 av. C. (Appian., lllyr., 11); fu poi assediata per la secjnda volta, ed apri le porte a Cosoonio nel 78 av. C. {Eutrop,, vi, 4; Oros., v, 23). Quando la flotta di Pompeo incrociava il mar Jonio da Corfù a Solona, M. Ottavio che comandava una squadra dello stesso Pompeo, fu costretto a salpare e partirsene dai lidi di cotesta città, ch'era diventata il propugnacolo di Cesare. Gabinio, famoso per le sue dissolutezze e furfanterie, rifugiatosi nella fortezza di Solona, dopo aver perduto 2000 uomini contro gl'indigeni, vi stette rinchiuso parecchi mesi, e preso alfine da grave malore, vi mori nel 48 av. C. Asinio Pollione, sconfitti nel 39 av. C. i Parteni (Partheni), che avevano sposata la causa di Bruto e Cassio, s'impadronì di Salona, ed a memoria di cotesta conquista, il figlio suo Asinio Gallo ebbe il soprannome di Salonino (Saloninus. Virg., Bucolvm, 7; Hor., Carni., li, 14-16; Dion. Cass., sui, 12; Auct. B. Alex., 43; CflBS., B. 6'., hi, 9). Dall'epoca in cui ricevette una colonia, venne considerata come il grande baluardo della potenza romana dal lato orientale dell'Adriatico, e si rese celebre per la sua lealtà, coni'ebbe a dimostrarlo nell'assedio sostenuto contro Batone, capitano indigeno, nel 6 d. C. Tutte le strade maestre romane della Dalmazia si accentravano a codesto punto, e quando il paese fu diviso in tre scompartimenti (conventus, V. Convento) con tre capoluoghi rispettivi per le popolari assemblee, 382 deputazioni (decurice) dei diversi municipii si congregavano in essa (Plin., ni, 26). Sotto i primi imperatori la città fu abbellita di molti pubblici edifizi, il cui numero si accrebbe grandemente per opera di Diocleziano, il quale, giusta la testimonianza di Porfirogenito (de Adm. Iwp., 29), riedificò la città per intero. Morto cotesto imperatore, non vi furono per due secoli nella città cambiamenti di molta entità; ma se vogliasi prestar fede a Porfirogenito (l. c.), gli è certo che la lunga Salona acquistò poco a poco metà della grandezza di Costantinopoli. Nel 481 d. C. fu presa da Odoacre re degli Eruli, ma fu ricuperata dai Goti la mercè del gepidico principe Mondo, generale di Giustiniano. Totila la ebbe per un dato tempo; bon poco però si conosce di tutti codesti assedii, tranne che fu parzialmente distrutta (Procop , B. G., i, 5, 7, 17, ecc.). Si riebbe nullameno da cotesti infortunii ed appunto da Salona, Belisario nel 544, ed otto anni più tardi Narsete, nel 552 d. C., mossero le loro armi per liberare l'Italia da Totila e dai Goti (Gibbon, c. xliii). Nel 639 la Dalmazia fu invasa dagli Avari, i quali, spintisi fino a Salona, saccheggiarono e bruciarono la città, che d'allora in poi rimase devastata ed ingombra di macerie (Const. Porph., I. c.). Possedeva la cit tà uu cantiere, l'uuico deguo di tal nome sul littorale dalmatico, secondo ciò che attesta Strabone (vii, p. 315). Non è oggidì Salona che un misero villaggio, con pochi abitanti di schietto stipite morlacco, fra i più rozzi e feroci della morlacchesca schiatta che conti la Dalmazia.


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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