Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      SALIMBENI NICCOLO' - SALIMBENI VENTURAo del pallore. Finalmente se ne icontrano alcuni chiamati autotini, augustales, hadrinales, ed erano sacerdoti consacrati al culto di queBti imperatori, dopo la loro apoteosi. Le figlie dei Salii non potevano entrare nelle Vertali.
      Fra tutti gli scrittori antichi, il solo Dionigi d'A-licarnasso annovera la trabea fra i vestimenti dei Salii. Plutarco, nella vita di Numa, e Tito Livio non parlano che della tunica fregiata di porpora e non di quella specie di toga, chiamata trabea, vestimento incomodo per la danza, a meno che si ripiegasse intorno al corpo, come facevano i Salici. È probabile che gli antichi Salii possano aver portato la trabea, e che i loro successori l'abbiano abbandonata per l'incomodità; la qual cosa spiegherebbe l'apparente contraddizione degli scrittori romani. Se potessimo foudarci sull'esattezza delle descrizioni di un poeta, troverebbesi in Virgilio [jEneid., 7, 187) dei versi cbe confermano quanto dice Dionigi d'A licarnasso. 11 poeta dipinge il re Pico sotto l'abito dei Salii, e gli dà la trabea ripiegata:
      ........Parvaque sedebatSuccinctus trabea, Icevaque anciìe gerebat.
      Sopra una pietra della galleria di Firenze veg-gousi dei Salii coperti d'un vestimento molto corto, e stretto alla cintura, e giova credere che questo sia la trabea, tanto più cbe hanno la testa coperta, come tutti i sacrificatori, ciò che non sarebbe se non portassero che una tunica.
      Sopra una pietra incisa dall'Agostini veggiamo due Salii colla testa velata, vestiti colla trabea (sulla quale l'uno ha figurato l'ippocampo, l'altro un tritone), e che portano tre ancili. Sulla parte superiore della medesima si legge ALL1US, e al basso ALCE in antichi caratteri italiani, forse per allusione ai Salii di Aleso, città che nell'antica lingua del paese chiamavasi Alse.
      Eranvi anche delle Salie, dame cbe nelle pubbliche cerimonie aveano esse pure, come i Salii, il diritto di offrir sacrifizi ; cantavano' nelle vie i versi chiamati assermentce, portavano il pileo o galero, vestivano il paludamento e godevano grande considerazione.
      SALIMBENI Niccolò (biogr.). - Detto Muscia e anche Niccolò da Siena, non è ben noto quando fiorisse. 11 Bargagli nel Turamino (p. 36) lo pone coi poeti che furono fra il 1200 e il 1300, e l'Ugur-gieri (Pomp. San., p. 548) con quelli che vissero fra il 1300 e il 1400. 11 Crescimbeni, nel quinto volume della sua Volgar Poesia, correggendo se stesso, che nel terzo aveva messo il fiorire di lui nel 1350, lo gitta più indietro verso il 1300. 11 Quadrio (Storia e ragione d'ogni poesia, voi. n, 348) suppone sieno sieno stati due di questa famiglia: uno coetaneo di Guido Cavalcanti, l'altro assai posteriore d'età e vissuto circa il 1400, come dal suo stile apparisce. Il Crescimbeni soggiunge : < Ma perchè, sebbene dal saggio che insieme con altre sue rime abbiamo estratto dalla Chisiana (Cod. 400), apparisce di stile cosi rozzo e intralciato e di lingua cotanto incolta ch'e' si paja antichissimo, nondimeno l'ortografia è staccata affatto dalla maniera degli scrittori del secolo xiii, e piuttosto lombar-
      deggia cbe siciliaueggi. Del resto di lui si trovano rime anche nella Barberina e in quella degli Strozzi di Firenze, el'Ubaldini il nomina Niccolò da Siena detto Muscia de'Salimbeni ».
      Vedi Crescimbeni, Commentarii intorno alTistoria della volgar poesia (voi. ni, p. 167).
      SALIMBENI Benuccio (biogr.). — Da Siena, poeta cavaliere assai poteute, il quale passò gran parte della sua vita nell'offendere e difendersi da'suoi nemici, i quali erano i conti di Vernio fiorentini, uua dama della cui famiglia aveva preso per moglie, e i Tolomei di Siena poderosi anch'essi e valenti. Egli- fece grande studio della poesia volgare, nella quale ebbe stile facile e piano e buoni sentimenti, e nella lingua non poco fu. colto. Visse al tempo stesso di Bindo Bonichi, suo compatriota, a cui scrisse un sonetto, cbe leggesi nella Raccolta dell'Allacci, ed è recato in saggio dal Crescimbeni, e vien lodato dal Bargagli nel Turamino (p. 17). Le sue gare e nimicizie il trassero da ultimo a morte, essendoché alcuni dei Tolomei l'uccisero, secondo l'Allacci, nel 1328 (Poet. ant. letter., p. 14). Alcune sue rime manoscritte trovansi nei codici de'poeti antichi della Strozziana e della Laureuziana.
      SALIMBENI Arcangelo (biogr.). — Pittore, nato a Siena, fioriva dal 1557 al 1579, e fu, al dire del Lanzi, allievo del Tozzo o del Bigi; ciò ch'ò certo si è che la sua maniera non ha alcuna relazione con quella di Federico Zuccari, che Baldinucci gli dà per maestro. Egli ha arricchito Siena di un gran numero di dipinti, di cui i principali sono: una Sacra Famiglia nella chiesa di Sant'Agostino ; un Martirio di san Pietro, una delle migliori opere in San Domenico, e una Natività nel convento del Carmine. I suoi freschi sono poco numerosi, e non possiam citare a Siena che la Vergine fra due santi sopra la porta di san Niccolò; parecchi piccoli soggetti del Nuovo Testamento in una sala del Casino Chigi Farnese, e a Lucca parecchie vòlte del palazzo Andreozzi.
      Dalla moglie vedova e già madre di un fanciullo, che doveva divenir celebre sotto il nome di Francesco Vanni, ebbe il figliuolo seguente.
      SALIMBENI Ventura (biogr.). — Detto anche il cav. Bevilacqua, pittore senese, figliuolo del precedente, pittore anch'esso degno di lode , nacque nel 1557, e trasferissi nell'Italia superiore per iBtu-diarvi il Correggio e gli altri insigni maestri che erano colà vissuti. Le speranze che aveva fatto di bò concepire erano tali, che appena si fu recato a Roma gli fu allogata da Sisto V la dipintura della Biblioteca Vaticana, e furongli commesse altre opere non poche, cosi pel pubblico come pei privati. Ma datosi al bel tempo, il Salimbeni non potè formarsi uno stile da distinguersi soprai suoi contemporanei ; anzi fu osservata nei suoi dipinti tale uua distanza da fargli credere di pennelli diversi. Trovasi però in ogni sua opera grazia di colorito e buon arieggiare di teste. Nelle sue migliori si aggiungono precisione di disegno e di chiaroscuro, franchezza ed ardire, e tinte calde sul gusto delle scuole lombarde. Tali appunto sono fra le molte \'Adorazione di Abramo nel Gesù di Roma, pit-I tura a fresco encomiata dal Baglioni, ed alcune ! opere da esso eseguite in Siena, come, per recarnet^ooQle


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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