Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      SALlCÉtO SALICILA M MI DÀ
      triato quando i Guelfi soverchiarono i Ghibellini ; studiò nel collegio dei Barnabiti in Bastia e quindi legge all'Università di Pisa, di dove tornò poi in patria, e divenne avvocato presso il Consiglio superiore di Corsica. Deputato agli stati generali del 1789, chiese ed ottenne la riunione della sua patria alla Francia. Membro della Convenzione, votò la morte di Luigi XVI senza appello e senza proroga, e fu poscia incaricato di più missioni nel mezzodì, dove ebbe per colleghi Barras e Fréron; sotto il Direttorio divenne commissario della repubblica all'esercito d'Italia, si fece amico e buon servitore del generale Buonaparte, e negoziò l'armistizio col sommo pontefice. Ricomparve al Consiglio dei Cinquecento come deputato della Corsica, e si mostrò favorevole ai provvedimenti del Direttorio del 18 fruttidoro. Nella giornata 18 brumajo volle sostenere l'indipendenza dei Consigli legislativi disciolti a St-Cloud, fu messo nel numero dei proscritti, e fu debitore al primo console di venire cancellato da quella lista, poi subito impiegato. Il nuovo Governo gli affidò successivamente missioni in Corsica, a Lucca e a Genova. La principale sua incombenza in quest'ultima città era di crearvi un partito in favore della Francia per farvi proporre e consentire l'aggregazione alla Francia; ma fu odiato e temuto, e non ottenne alcun risultato. Richiamato a Parigi nel 1805, fu assalito al passo della Bocchetta dal famoso Maino della Spinetta, detto l'tm-peratore di Marengo, che gli tolse la croce della Legion d'onore e 30 mila lire in oro. Finalmente Napoleone lo diede a suo fratello Giuseppe come miuistro della polizia geuerale del regno di Napoli, dove fu pure incaricato per alcun tempo del portafoglio della guerra. Principiò con atti arbitrarii, esiliando parecchie persone ligie al Borbone e dannandone alcune a morte, fra le quali il marchese Palmieri e il generale Rodio. Durante l'assedio di Gaeta Saliceti diè prova di grande fermezza opponendosi a Giuseppe cbe, spaventato dall'insurrezione in Calabria, voleva abbandonar Napoli. Aveva grandissima influenza nel Consiglio di Stato, in cui sedevano i maggiorenti napoletani e francesi valenti. Per opporli al ministro delle finanze Roederer, eie gli era avversario, fece entrare nel Consiglio alcuni napoletani saputi, fra' quali il vecchio ministro Zurlo, essendoché nelle discussioni d'economia politica fosse incapace di sostenere una disputa. In quel torno poco mancò non rimanesse vittima di un attentato, in cui si fece saltare in aria la casa che abitava mediante un barile di polvere. Lo scoppio fu terribile, e crollò pressoché la metà del palazzo. Saliceti era uscito appena dall'appartamento di sua figlia cbe aveva dato in moglie al principe Torella, e che fu sepolta nelle rovine, dalle quali fu però tratta ancor viva. La pace di Tilsitt avendo calmato l'interno del regno, le persecuzioni cessarono in parte, la tranquillità si ristabilì con lentezza, ma visibilmente. Al trasferimento di Giuseppe dal trono di Napoli a quello di Spagna, Saliceti ebbe in mano il potere durante il tempo che trascorse fra la partenza di Giuseppe e l'ar rivo di M urat. Non ne abusò però, volendo rendersi popolare e farsi appoggio della pubblica opinione al giungere del nuovo re, cbe gli lasciò
      ancora per qualche tempo il portafoglio della guerra. La spedizione di Capri ebbe luogo durante il suo ministero, e quando giunse la moglie di Murat se le mostrò ligio, tentando governare, mediante la sua influenza, il re, il quale non si lasciò però menare pel naso come Giuseppe, e gli tolse tosto il portafoglio della guerra per darlo al generale Iteynier, ch'orasi conciliata la pubblica stima. Saliceti, sconcertato, fece un viaggio a Parigi, ove Napoleone lo accolse burberamente anzi che no, ma egli aveva per sé la regina Carolina, e Napoleone, considerandolo quale un soprastante Necessario su Murat che mostrava velleità d'indipendenza, lo rimandò a Napoli per rassodare insieme alla sorella il partito francese. Murat, inclinando al partito nazionale, disegnava licenziare tutti i Francesi non ascritti alla cittadinanza; Saliceti a ciò si oppose gagliardamente nel Consiglio, ma non riusci nell'intento, ed allora Napoleone lo fece membro della Consulta che dovea prender possesso di Itoma nel 1809. Egli era effettivamente a Roma quando l'armata anglo-sicula s'impadronì delle isole Ischia e di Procida, sbarcò in Calabria e minacciò Napoli. Murat avea raccozzato 12,000 uomini sulle alture di Napoli, disegnando ritirarsi dietro il Volturno, e nella città regnava grande confusione ed inquietudine. Saliceti vi tornò in fretta, organizzò la guardia nazionale, assicurò la tranquillità e rimase fermo al suo posto. La battaglia di Wagram pose fine alla crisi, e Muhtt, che si credeva raffermò sul trono di Naftoli, fece venire un certo Maghella, nativo di Genova, al quale diede l'ufficio di prefetto di polizia. Nel mese di dicembre del 1809 Saliceti mori subitamente dopo di aver pranzato in casa di Maghella, il che fece correr voce di avvelenamento, ma l'autopsia del cadavere fece svanire quel sospetto. Saliceti era corrotto senza essere depravato: nelle sue domestiche attinenze era uomo con tutte le debolezze e condiscendenze umane, ed ambizioso in politica. Fu creduto avesse grandi ricchezze, ma alla sua morte fu chiarito il contrario.
      SALICETO o SALICETO) (geogr.). — Comune nella provincia di Cuueo, circondario di Mondovl, con 1717 abitanti.
      SAL1CILAMMIDA (chim.). — È un corpo della natura delle amniide, che si ottiene facendo reagire l'ammoniaca acquosa coll'olio di gaulteria, ovvero l'etere metilosalicilico, estratto da quest'olio od in altro modo preparato. 11 detto olio si discioglie a poco a poco e sparisce intieramente in cinque a sei volte il suo volume di una dissoluzione d'ammoniaca acquosa e concentrata, rurchè vi stia in contatto per alcuni giorni in vaso chiuso. Evaporando poi il liquore a siccità e sottoponendo il residuo alla distillazione, si ottiene un liquido che va a condensarsi nel recipiente in massa cristallina di color giallo di solfo. Questo corpo è la sa-Ucilammida, che purificata colla cristallizzazione nell'etere, si ottiene in lamelle bianco giallastre di molta lucentezza.
      Corpo pochissimo solubile nell'acqua fredda, piti solubile nella bollente, da cui si depone cristalliz zata in lunghi aghi; molto solubile nell'alcoole e nell'etere. Arrossa fortemente la tintura del tor-
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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