Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      SAFFARIDI (DINASTIA DEI),— SAFFIROanastomizza colla esterna, quindi passando innanzi al malleolo interno si dirige lungo la faccia.interna della gamba e va ad aprirsi nella vena crurale vicino all'arcata inguinale (V. Tavola LI, fig. 1,2). La safena esterna o piccola (ivi, fig. E, 1) prende origine sulla parte esterna del dorso del piede, si reca quindi posteriormente ed all' iusù, passando sotto il malleolo esterno, e si dirige in alto per isboccare nella vena poplitea. Gli è sull'una o sull'altra di queste vene che si pratica il salasso del piede.
      Chiamasi pure nervo safeno un ramo considerevole del nervo popliteo interno.
      SAFFARIDI (dinastia del) (stor. arab.). — Soffar o Sa/far in persiano significa pentolajo, e questo era il mestiere di Yacub-ben-Leis, il quale, toltosi all'arte sua, si buttò al ladro, e nottetempo insinuatosi nel tesoro di Sistan per rubarvi, scivolò sopra qualche cosa. Credendola alcuua gemma, la accostò alla bocca, ma allora s'avvide ch'era sale. È noto come fra gli Orientali si annetta al sale alcun che di sacro, come simbolo e pegno d'ospi-r talità, sicché chi l'abbia gustato in una casa deve esservi rispettato. Saffar pure si credette obbligato a non nuocere a quella casa: lo che ayendo il principe saputo, non solo gli perdonò, ma accorsogli la sua fiducia, e ben tosto lo sperimentò valentissime generale. Ma, come il solito dei, generali, Yacub pensò lavorare per sé, e avendo soggiogato la Persia, vi piantò la propria dinastia, intitolossi de' Saffaridi, avendo spossessata la dinastia di Taher (820-877), una delle taute che dividevano l'Impero musulmano. Yacub sistemò la Persia; introdusse di aver magazzini per.manteuere la cavalleria, mentre prima ciascun soldato provvedeva al foraggio proprio , con grave scomodo suo e della popolazione. Ebbe così una cavalleria potentissima, fra la,quale scelse 200.0 per guardia propria, divisi in duo corpi ; l'uno colle mazze d'argento, l'altro d'oro. Eppure il suo padiglione non aveva altro addobbo che un tappeto. Non teneva consigli di guerra, ma,da solo disponeva, deliberava, comandava.
      Volle legittimare la sua usurpazione col domandare l'investitura al califfo, cioè al successore legittimo ma debole del profeta, che era allora Motam-med Billah (870-892), della stirpe degli Abbassidi, e che non aveva potuto frenare nè le rivolte dei suoi vassalli Fatimiti, Alidi, Ommiadi, nò le correrie dei Turchi, e che pure ricusò riconoscere Yacub, anzi lo fece maledire in tutte le moschee. Ne rise Yacub e si accinse d'armi ; e quando il califfo ravvedutosi mandò per salutarlo dominatore del Corassan, del Tabaristan, del Fajrsistan, cioè dei paesi che noi comprendiamo sotto il nome di Persia, egli rifiutò, dispettosamente rispondendo: « Li tengo già dalla mia propria spada, e basta ». Mosse anzi contro la capitale degli Abbassidi, ma per via fu preso da colica violenta. Allora chiamato a sè l'ambasciatore del califfo, gli additò sopra la vicina tavol<* una scimitarra nuda, un tozzo di pan cruschetto e un mazzo d'agli , e « Sé muojo (gli disse) il tuo padrone sarà liberato da un grande Sgomento.*Se vivo, quella sciabola deciderà fra lui e me; se fossi vinto, ritornerò senza rincresci mento a cotesti cibi della mia giovinezza ».
      Mori in fatto, e Amrù suo fratello e successore prosegui la guerra. Ma il califfo invocò oontro di lui i potenti Samanidi, che dominavano di là del-l'Oxo nell'estesissima provincia di Mawarannahar, avendo per capitale Bokara. Varcarono questi l'Oxo in numero di 10,000, in cosi cattivo arnese, che usavauo staffe di legno, ma prodi tanto, che vinsero i Saffaridi bepchè assai numerosi, e ridussero prigioniero Amrù, che fy lasciato morire di fame a Bagdad (902). Ismael-al-Samani, capo dei Samanidi, ottenne in ricompensa il possesso ereditario della Transoxiana e del Corassan.
      È raccontato npgli storici orientali, poco diversi dai romanzieri, che quando Ismael marciava coutro di Amrù, vide da uu giardino sporger un albero carico di frutti, e vi po3e una sentinella, acciocché nessun soldato osasse stendervi la mano. Or accadde che, mischiatasi la battaglia, il cavallo traesse Amrù in mezzo ai nemici, sicché vi rimase prigioniero. Stando legato appiè di quell'albero, domaudò gliene fosse còlto qualche frutto, ma vi si opponeva il divieto di Ismael. Ordinò dunque ad un soldato di cuocergli qpa testa di castrato: ma ecco un cane s'accosta per torgliela dalla pentola, se non che sentendosi scottare, leva la testa a furia, e in quest'atto porta via pnebe la pentola fuggeudo e guajendo. Del che sorrise Amrù, e « Stamattina il mio mastro di casa mi mosse querela perchè soli 30 cammelli fossero asseguati per trasportare la mia cucina, ed ora un solo caue basta a portarla ».
      Avendo Ismaele usato con lui cortesemente, Amrù credette di mostrargli la sua ricouoscenza coll'in-diesargli in una cartolina il luogo dove stavano celati ì suoi tesori. Ma Ismael disse; « Mal vorrebbe mostrare di vincermi in generosità. Quei tesori furono cumulati da Yacub e da lui collo smungere i) popolo; ora delle proprie iniquità vorrebbe riscattarsi col regalarmi ciò, che ben saprò io pren dere da me ».
      E cosi avviossi ad Herat, capitale del regno, ove certo credeva trovarli. La ebbe per capitolazione, salve le vite e le robe ; ma per quaute ricerche facesse, non vi riuscì. C là l'esercito, non avendo di che mantenersi, mormorava ; e chiedeva mettesse imposizioni sul popolo; ma egli noi voleva, e < Quel Dio che spinse nel mio campo il cavallo del Saf-faride saprà alimentare il mio campo senza ch'io perfidii la parola ». Ed ecco infatti una donna del suo harem mette un braccialetto sulla finestra: an nibbio lo ghermisce e Jo lascia cadere in un pozzo secco. Si discende per pigliarlo, e vi si trovano più milioni di danek, ultimo avanzo della stirpe dei Saffaridi.
      Cbe divario c'è fra le storie degli Orientali e le Mille e ma notte?
      SAFFICO (poet.). — Verso greco e latino di 5 piedi (un trocheo, uno spondeo, un dattilo e due tronchi , così chiamato da Saffo, che lo usò per la prima. — La strofa saffica si compone di due versi saffici seguiti da un verso adonico.
      SAFFIR0 (miner.). — Il saffiro o zaffiro propria-meute detto è un corindone ialino o telesio, colorato io azzurro (V. Corindone); distinguasi questa pietra preziosa in saffiro orientale ed in saffiro d'indaco, secondo che la sua tinta è di nn bell'az-
     
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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