Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      campagna ; sacri ficium nuptiale il sacrificio offerto dalla sposa, ecc. Coloro i quali offrivano sacrifizi dovevano presentarsi all'altare puri e mondi; bisognava che si fossero prima purificati coll'acqua lustrale e coperti di candida veste ; dovevano portare sul capo una corona di foglie dell'albero consacrato al Dio che andavano adorare. Si mettevano in atteggiamento di supplicanti, cioò si mettevano indosso una tonaca luuga senza cintura, sparsi i capelli, nudi i piedi. Prima di sacrificare facevano sempre voti e preghiere. Gli animali destinati al sacrifizio (hostice vel vidima) dovevano essere puri e senza magagne, non mai aggiogati; epperò si prendevano solamente dai greggi scelti dai sacerdoti, che li segnavano con creta (Juvenal., x. 66). Si ornavano di fettuccie, di ghirlande di fiori, e se ne doravano le corna (Tit. Liv., xxxi, 54). La vittima era condotta all'altare dai miuistri detti popSvetou., in Calig., 32). Costoro, e non già i sacerdoti, uccidevano, per lo più, l'animale destinato al sacrifizio, con un colpo di martello, pria che venisse adoperato il coltello <Serv., ad JEn., xu, 120 ; Svet,, Calig., 32). Costesti popi erano adunque i veri sacrificatori od esecutori materiali dei sacrifizi presso i Romani, mentre per i Germani e per i Galli erano sacrificatori que' sacerdoti che oltre alle vittime degli animali, immolavano anche vittime umane, ed eseguivano la capitale sentenza sui delinquenti e colpevoli, da pubblico giudizio condannati a morte. La fune cui l'animale era attaccato doveva essere lenta, affinchè non sembrasse trascinato per forza, che sarebbe stato cattivo presagio ; e per lo Btesso motivo lo si lasciava sciolto davanti l'altare, e se mai fuggiva, si teneva per segno sinistro. Allora si imponeva silenzio (Cic., Divinat, i, 45), si prendeva una focaccia salata, fatta di farina e di miele (Virg., JEn., n, 133), che si aspergeva di vino sulla testa della vittima; e si versava pure tra le corna dell'animale vino misto con incenso. Il sacerdote assaggiava prima il vino e poi lo dava a gustare agli astanti da cui era circondato, il che chiamavasi Libazione (V.); poscia strappava tra le corna i peli più lunghi e li gettava al fuoco (Virg., jEn., vi, 246) ; il ministro detto cultrarius colpiva la vittima con una scure od un maglio (Svet, Calig., 32) secondo l'ordine del sacerdote, cui diceva Agone? ed egli rispondeva Hoc age (Ovid., Fast., i, 323). Allora scannavasi l'animale con un coltello, e se ne spargeva sull'altare il sangue raccolto in vasi ; quindi veniva scorticato e fatto in pezzi ; talvolta la vittima veniva arsa, il qual genere di sacrifizi dicevasi Olocausto t V.) (Virg., vi, 25;; ma ordinariamente non se ne bruciava che uua parte, ed i sacerdoti dividevano il rimanente col supplicante (Tacit, Annal., il, 14); il sacrificatore squartava o divideva l'animale in più parti. In quanto a ciò i Romani osservavano i riti usati in Grecia, d'onde Dionigi d'Alicarnasso gli parve poter conchiudere ch'essi erano Greci di origine (vii, 72). Esaminate che avevano gli aruspici le interiora, si spargeva di miele, di vino e d'incenso la parte destinata agl'Iddìi, e si bruciavano sull'altare le interiora dell'animale, oppure venivano gettate ai flutti se sacrificavasi agl'iddìidel mare (Virg., JEn., vi, 252; xu, 214). Terminato il sacrifizio, il sacerdote si lavava le mani, recitava certe preghiere, facevansi nuove libazioni, e poi si licenziava il popolo c olla formola: llt cet, ossia ire licet.
      1 sacrifizi agl'Iddii celesti differivano per alcuni riti particolari da quelli che si offrivano alle divinità infernali, perchè ai primi si immolavano vittime candide nutrite sulle rive del Clitunno (Jov., xu, 13) ossia nella terra dei Falisci (Ovid., Poitt., tv, 8, 41). Ad esse lavavasi la testa prima di colpirla, ed il sacerdote immergea il coltello dall'alto in basso, imponebatur. Il sangue veniva raccolto in vasi. La vittima offerta agl'Iddii infernali era nera di tinta, prima di immolarla le si abbassava la testa, scannavasi immergendo il coltello sotto il collo, supponebatur, e se ne faceva colare il saugue in una fossa. I supplicanti che offrivano sacrifizi alle divinità celesti dovevano indossar vesti biauclie e purificarsi tutto il corpo; facevano Iibazioui alzando la coppa colle mani rovesciate intanto che pregavano. Coloro i quali sacrificavano alle diviuità infernali vestivansi di nero, purificavansi versandosi addosso solamente dell'acqua, giravano la mano in maniera che versassero la coppa a sinistra, gettassero poi la coppa stessa sul fuoco (Serv., in JEn., vi, 244), e pregavano tenendo la palma della mano volta a terra, cui battevano coi piedi (Cic., Tusc., q. ii, 25). Gii aruspici esaminavano le interiora delle vittime (Virg., iv, 64); se vi scorgessero segui favorevoli, dichiaravano che gl'Iddìi gradivano il sacrifizio, altrimeute s'immolava un'altra vittma, e talvolta più (Cic., Dwinut., il, 36; Tit. Liv.,xxt, 16). Il fegato era la parte che i sacerdoti esanimavano più attentamente, supponendosi che da esso si potesse meglio arguire il futuro (Plin., xi, 37,5,73;; lo si divideva in due parti, nell'una delle quali congetturavasi ciò che doveva accadere a colui il quale offriva il sacrifizio, e nell'altra ciò che sarebbe avvenuto al suo nemico. Ognuna di queste due parti aveva un punto detto caput (Lucan., i, 621), e sen.bra che questo fosse la protuberauza che trovasi all'entrata dei vasi sanguinari e dei nervi che gli antichi chiamavano fibre ; un fegato senza protuberanza o che ne fosse disgiunta, era pessimo presagio (Cic., Divin., i, 52; ii, 13, Iti), com'era quando non si trovava il cuore della vittima. Quantunque si sapesse bene che niun animale può vivere senza cuore, pure credeasi che questo viscere mancasse talvolta, siccome accadde, dicesi, al sacrifizio offerto da Cesare pochi giorni prima che venisse ucciso, che era il primo giorno si mostrasse vestito di porpora, ed assiso sopra una sedia d'oro (Valer. Max., 16,13) ; onde l'aruspice Spurina lo consigliò di guardarsi dagl'idi di marzo. Esaminando pure con iscrupolo la principale fenditura o divisione del fegato, come si faceva delle parti di esso e di quelle del polmone (Virg., JEn. ìv, 6; x, 176).
      III. Sacrifizio dei cristiani. — Qui si parla in singolare, perocché unico è il sacrifizio della Chiesa cristiana; e consiste nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo offerto ed immolato sull'altare col ministero dei sacerdoti sotto le specie del pane e del vino (V. Eucaristia, Messa). Gesù Cristo morendot^ooQle


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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