Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      Diche, del cui consumo strabocchevole di profumi parla Ateneo (xh), ed estendevasi successivamente in Roma, il commercio indiano diventò tanto più lucroso per i Sabei, sendosi calcolato nel in secolo dell'Impero cbe per ogni ettogramma di seta importata in Italia, esportavi) da questa per l'Arabia una quantità quasi di egual peso di argento ed anche d'oro; e questo ragguaglio si può facilmente estendere anche al consumo delle sostanze aromatiche. di cui facevano i Romani tanto sciupio per i banchetti e funerali (Petron., c. 64; Plutarch., Sulla, c. 38). Eranvi per questo commercio due sbocchi, una per terra passando per Petra e per il golfo Elanitico, e l'altro per il Mar Rosso ad Arsinoe, al canale di Tolomeo e ad Alessandria. Si ponno dunque francamente attribuire le dovizie straordinarie dei Sabei al lungo loro monopolio dell'indiano commercio. Il loro paese nondimeno era esso pure assai fecondo, e certamente, attesa la natura generale della penisola arabica, la sua estremità S. aveva una densa popolazione. La ste-rilezza generale dei territorii settentrionali e centrali dell'Arabia spinse la popolazione in giù verso il S. Le montagne che confinano coWOceano Indiano sono notevoli per l'abbondanza di boschi ed acque; temperato l'aere, gli animali abbondanti (robusti e adatti alle fatiche i cavalli dell' Yemen anche oggidì», e deliziose le frutta. Con tant'abbon-danza in casa potevano benissimo i Sabei dedicarsi al commercio con instancabile attività ed eccellenti risultati.
      Nulla più atto a manifestare l'ignoranza degli antichi geografi intorno al paese dei Sabei quanto la descrizione cbe ci porgono della ricchezza del paese dai medesimi abitato, adoperando espressioni ampollose e stravaganti. Era, secondo Agatarchide e Diodoro, l'odore dei boschi delle piante aromatiche tanto acuto, che gli abitanti vi andavano soggetti a colpi apoplettici, e reagivano contro le nocive esalazioni col bruciare peli di capra ed asfalto. 1 fornimenti ed ornamenti delle loro case e perfino gli utensili loro domestici erano d'oro ed argento; bevevano in vasi scintillanti di gemme; ardevano, invece di legna comune, scbeggie e brucioli di cinnamomo ; e non vi era sovrano che uguagliasse nel lusso i principi bottegai dei Sabei. Ciò troverebbe riscontro nell'opulenza e nel fasto di alcuni membri della Compagnia Olandese ed Inglese delle Indie Orientali, nel xvm secolo, quando il commercio di Oriente era nelle mani di pochi; ma non fa mestieri di confronti, perchè le relazioni degli antichi in proposito non sono veridiche. 11 primo fra i moderni a metterle in dubbio si fu il Niebubr nei suoi viaggi (Description de VArabie) affermando, senza che peranco Ja stato smentito, come V Yemen nè produca oggigiorno, nè abbia mai potuto produrre oro; ma esservi invece nel distretto di Saade miniere di ferro, fatto che non era stato dagli scrittori antecedenti annunziato, le quali venivano lavorate quando egli visitava il paese. Asserisce inoltre che l'incenso indigeno è di qualità assai ordinaria, non producendo la Sabea cbe la specie detta libano, mentre le specie migliori vengono tratte da Sumatra, Siam e Giava. La distanza da cui traevansi le qualità superiori della mirra,
      dell'incenso, del nardo e della cassia, fece nascere probabilmente gli strani racconti sui pericoli che si corrono nel cogliere tali sostanze dagli alberi, racconti che i Sabei esponevano ai negozianti egizi e greci, e per mezzo di costoro agli stessi geografi greci. Gli è probabile però cbe una delle cause dei pericoli sia stata fedelmente riferita, ed è che le piante degli aromi erano il covo di venefici rettili, uno dei quali, certo il cobra purpureo, era aggressivo, e si slanciava sugli accorrenti, cagionando loro incurabili ferite. Gli antichi ciò non ostante dicevano e credevano che il cinnamomo venisse portato nell'Yemen da grandi uccelli, che si costruivano i nidi delle sue frasche, e che il ladano (cislus creiicus) venisse tolto dalle barbe dei capri, cui attaccavasi mentre ne pascevano la pianta. Notammo già che i Sabei erano governati da un re (Dion. Cass., lui, 29), e qui aggiungiamo che godevano del diritto di regnare alquante famiglie nobili, e che quindi il primo nato in esse, dopo un avvenimento al trono, diventava l'erede presuntivo del regnante, salvo di eleggere al trono anche una donna. Questo ordinamento monarchico così singolare sembra rivelare un'influenza sacerdotale simile a quella che regola l'elezione del Gran Lama, e l'ossequio tributatogli dai Tibetani. Gli è impossibile precisare i confini della Sabea, che sembra avere avuto all'O. il Golfo Arabico, all'È, il Persiano, al S. l'Oceano Indiano ed al N. una linea irregolare lambente il deserto, e terminante in istretta punta verso l'idumea. Sembra infine che la decadenza dei Sabei fosse derivata da due cagioni: 1° Dalle relazioni più dirette degli Egizio-Greci coll'ludia. — 2° Dalla rivalità della possente tribù degli Omeriti, dai quali rimasero soggiogati. Accennammo di già alle qualità ed inclinazioni di cui erano dotati, e se si confrontino cogli Arabi del Deserto, ne risulta che erano essi molto inciviliti, sotto regolare governo, e nella loro qualità di negozianti, gelosi dei diritti di proprietà. L'autore del Periplo parla di simile sicurezza presso gli Adramiti ; e scorgesi da ciò che la naturale ferocia degli Arabi erasi ammansata per amore degli interessi mercantili. Lo stesso si può dire, secondo la testimonianza di Niebuhr (Description de VArabie, p. 315), tuttodì degli abitanti dell' Yemen, in confronto di quelli delle provincie interne di Hegiaz e Neged.
      SABEISMO (stor. rei.) — Idolatria che consisteva nel culto degli astri, e fu una delle prime ad essere professata dagli uomini ; ed il suo nome le viene dall'ebraico. La Scrittura chiamando gli astri tseba, sciamaim il mezzo del cielo, si chiamò sa-beismo il culto degli astri, e sabei si dissero quelli li adorano; ma come la parola ebraica si scrive con uno tsade, che gli uni trascrivono nelle lingue moderne con una s, gli altri con uno z, od anche colla combinazione ts, i popoli adoratori degli astri vennero detti ora sabei, ora zabei od anche tsubei. Tale setta abitava, siccome i Caldei, coi quali essa si è mescolata, la parte della Babilonia che confina coll'Arabia, ed ha per termine il golfo Persico ; e ve ne sono ancora al presente nel Curdi-stan ed a Bassora.
      L'idolatria sabea, ossia il culto degli astri era molto diffusa al tempo di Mosè, il quale avendoLjOOQle


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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