Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      Non vi è istituzione presso nessun altro degli antichi popoli che somigli a quella del sabhato ebraico, la quale, sebbene non sia storicamente anteriore alla legge promulgata da Mosò, è nondimeno di tanta entità, che devesi considerare imposta a tutte le umane creature. Ed invero, la legge mosaica contiene due elementi , che consistono, l'uno nel codice di una particolare nazione, l'altro nei precetti relativi all'ordinamento dell'intera umanità. Imperocché non devesi dimenticare essere stati prescelti gli Ebrei, per vocazione divina, ad essere veramente nomini, ed a portar seco i documenti del destino, offrire l'aspetto ed effettuare la felicità del genere umauo. Quindi scorgevi sempre nella sua legge la differenza di ciò che vi è locale e temporario, df? quello che vi è relativo a tutti gli uomini. A questa seconda classe appartiene per certo la celebrazione del sabhato prescritta dal terzo comandamento del decalogo, che nou fu abolito nel Nuovo Testamento, ma transfigurato e sublimato, rimanendo sempre nella prisca sua autorità e supremazia.
      Ne derivò quinci fra i primi cristiani l'uso di conservare il sabhato come giorno festivo, tranne appo quelli della Chiesa romana e di due altre Chiese di Occidente, che lo considerarono fino dai primordi del cristianesimo qual giorno di digiuno. A differenziarsi successivamente dagli Ebrei, adottarono i cristiani qual giorno di festa per essi il susseguente al sabbato, e lo chiamarono il giorno del Signore, ossia con latiua denominazione dùs dominicus e doniinica, la domenica. Non ne fu stabilita però la precisa differenza fino all'epoca del Magno Costantino, che fece sistemare le pratiche e cerimouie religiose del cristianesimo ratificando con appositi decreti ed editti le episcopali deliberazioni. Egli (306 al 337 d. C.) fu il primo a riconoscre politicamente la santità della domenica, avendo proibito in questa qualunque trattazione giudiziale, e poscia ordinata l'astinenza da molti altri affari, e da divertimeuti e spettacoli, che con-sideravansi innocui negli altri giorni della settimana. Avveratosi ciò, la cattolica Chiesa, la quale aveva sempre ritenuto che il decalogo fosse in un certo senso obligatorio, si sentì autorizzato a conservare il terzo comandameuto tanto nella lettera, quanto nello spirito, e si accorse che vigeva ancora la grande legge del lavoro per sei giorni e del riposo nel giorno settimo, legge tanto generosa e benefica e nobilitante l'umana razza. Gli è ben vero che il nome sabbato si conservò sempre per indicare il settimo, mentre quello di domeuica significò invece il primo giorno della Bettimaoa; ma gli è vero altresì, che ciò non alterò per nulla la sostanza del precetto cristiano, basato sull'osservanza del terzo comandamento, che ha uno scopo universale ed umanitario, e fu riconfermato dal Salvatore, ch'era comparso tra gli uomini, nou per distruggere, bensì per compiere ed integrare l'antica legge.
      Per quello riguarda poi l'osservanza del sabbato da parte degli Ebrei, dopo la propagazione del cristiauesimo, basti avvertire che fu ed è scrupolosa e superstiziosa, ovunque si raccolgono essi in sinagoga o in famiglia, per antagonismo alla ce-
      lebrazione della domenica e delle altre feste dei cristiani. Molti valenti scrittori registrarono le superstizioni, gli scrupoli e le proibizioni che accompagnano l'osservanza del loro sabbato, come scorsesi nel dizionario biblico del dottissimo Calmet sotto il rispettivo articolo, in cui citasi principalmente l'autorevole dettato de] Buxtorf.
      Noti8i infine indicare talvolta la parola sabbato nel Nuovo Testamento una settimana; e quindi la forinola ebraica, calcolante il tempo coi numeri cardiuali, ed espressa in greco colte parole I» ^ [/.fa twv «rapparaiv (nell'uno dei sabbati), significa nel primo giorno della settimana. I rabbini anch'essi hanno la medesima fraseologia, usando però la parola sabbato al singolare. Essendo prevalesti in diversi luoghi gli Ebrei nel medio evo per l'abiliti con cui couducevano gli affari del commercio, per la speditezza dei calcoli e per la scaltrezza delle combinazioni numeriche e degli artifizi industriali, ne venne di conseguenza che fra le popolazioni rozze e superstiziose di quei tempi vennero considerati come tanti stregoni, e la parola sabbato, che indicava per essi il giorno di festa e di riunione nelle sinagoghe, fu volgarmente adottata per significare l'adunanza degli stregoni ; e stregoni erano appunto, secondo i volgari giudizi delle ignare plebi, gli Ebrei, essendo stati eglino gli unici che avessero conservata integra la gcienza dei padri loro, mentre le altre genti erano abbrutite nella più crassa ignoranza. A misura che la civiltà andò crescendo si cominciò a non prestar fede alle riunioni di streghe e di stregoni nel sabbato, ed al presente non v'è forse più luogo ove vi si creda, sebbene si senta ancor parlare di streghe, di fattucchierie e di incantesimi.
      Vedi: Heylin, Hist. of the sabbath - Selden, De jure natur. et gcnt. - Buxtorf, De synag. — Barrow, Expos. of the Decalogne — Paley, Moral and politicai philosophy (v, 7) — James, On the sacraments and sabbath — Whately, Thoughts on the sabbath - Wardlaw, On the sabbath - Maurice, On the sabbath — Michaelis, Moses Gesetze — Wmer, 1ìealwòorterbuch, s. v. — B&hr, Sym-bolik des Mos. Cult. - Halisch, Historical and criticai commentary on 0. T. in Exod. xx — Proudhon, De la célébration du dimanche (Parigi, 1850) Hessey, Snnday (Londra 1860).
      SABBAZIA, S ABBATI A < bot.). - Genere di piante, dell'ordine delle genzianacee, usate, per l'amaro che contengono, nelle febbri intermittenti. Sono comuni negli Stati Uniti d'America.
      SABBIA (iminer. e geol.). — Dicesi sabbia o arena una congerie di piccoli grani, non aderenti fra loro, i quali provengono dallo sfacimento di rocce silicee o quarzose, e sono così minuti da poter essere facilmente mossi dalle acque ed anche dai venti. Le rocce silicose ridotte in frantumi , travolte e triturate dalle acque dei fiumi, dai torrenti e dalle acque del mare, formano le masse arenacee composte di pezzi più o meno grossi e l'uno dall'altro staccati, ovvero di grani minuti, incoerenti e sciolti ; i grani minuti costituiscono la sabbia; i pezzi di mole nè troppo piccola, nè smisurata, secoudo ch'essa è più o meno grande, prendono il nome di Ciottolo o Ghiaja (V.). Però le sabbiet^ooQle


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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