Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RUSSNlACtìl, ROSSINI o ftUTENl - RUSTICHEZZAElisabetta, protfc> «rice di tutte le belle arti e segnatamente della musica, fece costruire a Mosca il primo teatro dell'opera, e nelle feste della sua incoronazione vi assistette alla rappresentazione della Clemenza di Tito, posta in musica dal celebre Hass, ed eseguita con istraordinaria magnificenza. 11 prologo, intitolato La Russia afflitta e consolata, era dell'Araja, il quale, dopo aver composto Seleuco, Scipione e Mitridate, drammi di un fiorentino per nome Bouecchi, venne surrogatone! l'ufficio di maestro di cappella della Corte da Man-fredini, che pose in musica Alessandro nelle Indie, Semiramide e tOlimpiade di Metastasio. Quest'ultima opera fa rappresentata nel gran teatro di Mosca nel 176*2, nell'incoronazione dell'imperatrice Caterina. Si vollero eziandio comporre opere musicali in lingua rossa. La prima, intitolata Tefalo e Procri, ebbe ad autore il poeta Sumarokow, e fu musicata dall'Ara] a. I cantanti ed i suonatori erano tutti russi. Regnante Caterina li, il celebre Ga-luppi, allora maestro di cappella a Venezia, fu chiamato alla Corte con grosso stipendio. La sua Didone ottenne applausi, e dopo lo spettacolo l'imperatrice mandò al compositore una borsa piena di rubli, facendogli dire che la sventurata Didone aveavgli lasciato morendo quel codicillo. A Galuppi successe Traetta, a Traetta Paisiello, e a questo Sarti. Presentemente il teatro dell'opera di Pietro-borgo è uno dei primi d'Europa, sì per la scelta dei cantanti e dei sonatori, che per la magnificenza delle decorazioni e dei balli.
      11 canto nazionale è però sempre in onore, ed intorno ad esso giustamente scrive il F<>x ( Viaggio di Russia): « Osservai con grata sorpresa, strada facendo, la passione che hanno i Russi pel canto. Appena stavano i nostri cocchieri e postiglioni sul loro sedile ed in sella, cominciavano essi a can tellare un'aria, e il loro canto durava parecchie ore senza nessuna intermittenza; ciò che viepiù accrebbe il mio stupore, si è che cantavano talvolta pezzi concertati ed eseguivano un dialogo in musica a domande e risposte, come se avessero cantato la loro ordinaria conversazione. I postiglioni cantavano di continuo da uua posta all'altra; i soldati cantano durante tutto il tempo che sono in marcia; i contadini cantano lavorandole osterie risuouano di cantici , e verso sera odesi da tutti i circonvicini villaggi un concerto di voci che spandono nell'animo un'insolita allegria. Un uomo dì ìngeguo che ha gran tempo soggiornato in Russia e che si ò occupato di quella musica nazionale, ci d& intorno ad essa alcuni ragguagli curiosissimi. Il geuere di musica adottato generalmeute dal popolo di Russia, dalla Duna sino al fiume Amar ed al Mar Glaciale, è una semplice melodia suscettiva d'infinite variazioni, secondo la capacità di quello cbe canta, o l'usanza delle varie provincie di quel vasto impero. Le parole che vi si cantano non sono per lo più che una prosa ed una specie di poesia estemporanea relativa all'idea che occupa la mente del cantante in quel momento. Argomento di questi canti sarà talvolta un immane gigante, od uua drcliiarazione di amore; altre volte è un dialogo tra un amante e la sua bella, od un assassinio, oppure il ritratto di una leggiadra fanciulla; tal-
      volta ancora non sono esse ohe sillabe accomodate all'aria ed al metro, nelle quali di rado si osserva la rima. Le sillabe prive di senso vengono segnatamente adoperate dalle donne che cantano per divertire i loro figliuolini, mentre gli uomini ballano al suono della medesima aria, accompagnandola con qualche stromento di musica. Mi venne pure asserito che la canzone si riferiva spesso alle avventure del cantante od alla sua condizione presente, e che i contadini cantano sur un'aria generalmente adottata il subbietto ordinario del loro conversare e le contese che sorgono tra di loro; locchè produce un effetto straordinario, e mi faceva sgomentare che essi cantassero i loro ordinar» colloqui! ».
      RUSSNIACHI, RUSSINI o RUTENI (etnogr.). - Varietà di popoli formanti un ramo della grande razza slava, divisi nei Russniachi della Gallizia, dell'Ungheria nordica, della Polonia, della Volinia, della Lituania. Schafarik ne enumera 13 milioni (V. Slavi).
      RUSTCHUK (geogr.). — Città della Bulgaria, sulla riva meridioale del Danubio, in faccia a Giurgevo, con 26.163 abitanti.
      RUSTICHEZZA (veter.). — Rustico, ramingo, o restìo dicesi l'auimale che indipendentemente da qualsivoglia riconoscibile infermità offre perturbazioni e disordini tali nelle funzioni sensoriali, da rendersi pericoloso a sè ed a chi lo guida. Solevano gli antichi Latini ridurre ad un numero assai ristretto i vizi che possono e debbono costituire la rustichezza, dicendo: Bovem qui cornu petit vitiosum esse plerique dicunt, item mulas, qnce cessum dant, ea quoque jumenta quce sine causa turbantur, et semetipsa eripiunt, vitiosa esse di-cuntur. Attualmente però si è di molto accresciuta la loro enumerazione, cosicché è detto restìo il cavallo che aombra (V. Aombrare), che si corica nell'acqua, e ad ogni istante si getta nella polvere e nel fango. Rustico si appella il cavallo che cerca di offendere coi denti e coi calci tutti coloro che lo avvicinano; che violentemente ricusa di lasciarsi mettere gli arnesi, dandosi iu preda a disordinati movimenti, od in qualuuque modo offendendo quelli che attendono a quell'operazione ; che ferocemente ricusa di lasciarsi prendere e levare i piedi, in guisa che si è costretti di coricarlo, onde poterlo sottoporre alla ferratura; che si arresta nel cammino senza più voler progredire nò colle buone nè col castigo, riucula, si contorce e slancia violentemente in ogni senso, s'inalbera, s'impenna, od anco si rovescia indietro, si butta in terra qual vile e vigliacco animale, si ribella e sottrae con graude pericolo alla volontà del condottiero. Tale è por detto il cavallo che continuamente si dibatte, sia nella scuderia, che fuori cogli altri cavalli, cui reca offesa coi denti e coi piedi, e si dà insomma in preda a moti ed azioni che lox di mostrano privo dell'istinto gregario proprio della sua specie e dei caratteri di docilità, mansuetudine e franchezza che sono proprii all'intiera sua specie ridotta allo stato di perfetta domesticità. Quello che si disse dei cavalli si applica anche ai muli, e solo deve farsi qualche eccezione riguardo agli asini, i quali possono avere il vizio di avvoltolarsi ad ogni istante nella polvere e nel fango, e ricusarsi talvolta a renderò
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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