Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

Pagina (225/405)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

      638
      ROMANZOcomune si alla narrazione romanzesca e si al canto epico. Però la qualità per cui la natura del romanzo veniva ben determinata fu la pittura familiare dell'uomo
      che in prima apparve come per deboli contornie che oggi è vigorosamente colorita.
      Al tempo dell'Impero tornarono in fiore le voluttuose novelle milesie: ne scrisse lo stesso impera-dore Glodio Albino; Apulejo compose il suolinoa cui la moltitudine applaudiva. Longo
      sofista grecofavoleggiò romanzescamente nel iv secolo intorno agli amori di Dafni e Cloe: e si trova in quel romanzo intreccio di avvenimenti
      caratteri abbastanza ben disegnatiqualche tinta di sentimento
      una certa analisi del cuore umanoe talvolta sviluppo e contrasto di affetti
      e condotta che discopre gli artifizi e lo studio di chi lo scrisse. Era questo un passo innanzi nella via del romanzo. Si cominciava a svolgere l'interiore dell'uomol'anima umana: le forme plastiche dell'antica letteratura si apparecchiavano al soffio di novella vita. Questa novella vita procedeva dal cristianesimo che aveva profondamente modificate le umane istituzioni e trasformata l'indole dell'uomo. Senza il cristianesimo il romanzo sarebbe rimaso nello stato delle novelle milesie
      dell'asino d'Apulejo e nella condizione pratica in cui lo collocarono Omero
      Virgilio e Lucano. E fu il cristianesimo appunto che determinò meglio la natura di quel favoloso componimentoil quale apparve appena in qualche primo sbozzo
      come in qualche racconto di san Girolamo
      e nelle leggende che furono scritte nell'ozio devoto e nel raccoglimento dei chiostri. Nè intendiamo ! confondere i pii racconti con i romanzidicendo che questi con altra tessitura e con altro inteuto riverberarono in se stessi il concetto del cristianesimo. Questo concetto guidava l'uomo a ripiegarsi in se stesso
      a concentrarsi nella propria coscienzaa esaminare le proprie azioni
      a scrutare i proprii pensieri. E da siffatto studio appunto l'arte di scrivere romanzi trae argomento di materia. Ma prima che una certa norma di quell'arte fosse bene stabilitadovevano ancora trascorrere alquanti secoli. Nei poeti provenzali se ne trovano i rudimenti; e cosi pure nel romanzo della Rosa del poeta francese Giovanni Lorris. Ma nel medio evo il romanzo si confonde con un genere di nuova epopea
      come avvenne coll'antica fra i Greci edi Romani. La nuova epopea era il romanzo di cavalleria (V. Romanzo di cavalleria)
      che avviluppava gli avvenimenti umani in un fantastico chequantunque germogliasse dal cristianesimo
      teneva ancora in qualche maniera al maraviglioso pagano. Nel medio evo la società
      come nei tempi primitivi dell'umana civiltà
      alimentava d'immagini la propria fantasia. Le novelle arabe hanno a un di presso quell'impronta
      benché leggere e gaje per le finzioni e non appoggiate alla storia.
      Noi dunque dobbiamo separare il romanzo propriamente detto dal romanzo della cavalleria. Avvi un esordio di romanzo italiano nelle Avventure di un Ciciliano
      e souo tentativi di romanzo le nostre novelle (V. Novella)
      tesoro dell'italiana letteratura nei secoli xivxv
      xvi. Ma neppur la novella è romanzoalmeno nel vero senso della parola
      perchè essa non ha le condizioni del componimentoromanzesco. È breve e semplice
      senza mólti avvenimentisenza sviluppo di caratteri e di affetti. Boccaccio si allargò nella sua Fiammetta e meglio ancor nel Filoeopo
      assai più nel disegno ordinario di una novella; ma parve che i tempi non fossero maturi per lunga narrazioneonde il Decamerone ebbe più fama dell'altro suo componimento
      e incontrò meglio il genio degl'Italiani. I quali si piacevano più nei racconti brevi di ameno trastullo per l'animo che nelle storie immaginosepensate
      travagliateche richiedessero per essere lette il tempo
      l'attenzione e la pazienza. Chi avrebbe allora preveduto che si scriverebbero oggidì narrazioni di dieci e più volumi ? La differenza della novella dal romanzo sta nella differenza dei tempi. Gl'Italiani del medio evo non avrebbero potuto applicarsi alla lettura di lunghi romanziseppure lunghi romanzi si fossero potuti scrivere. Ma l'età non comportava nè lunghi romanzi
      nè lunghe letture. Non mancava già il tempo per questema la coltura
      e mancava agli scrittori quell'ampia materia che nacque col tempo e quei moltiformi artifizi di tessere un raccontotrovati dall'ingegno umano. La lunghezza del romanzo non dipende da una vana prolissità (in questo caso il romanziere è cattivo)
      ma da estesa e profonda cognizione della società
      da esperienza della vita umanada pronta intuizione del proprio tempo. Quando sorgono scrittori forniti di queste qualità
      si pubblicano romanzi svolti su vasto pianoe si trovano lettori che ne fanno il loro profitto. Ma Io scrit-! tore non può a suo talento cambiare la natura di un secolo
      anzi gli è sempre conforme a questoe il romanziere ne trae materia per i suoi racconti
      quando questa materiaper i progressi della civiltà
      è abbastanza ampia e feconda. La distinzione che noi facciamo di novella e romanzo non è ammessa dagl'Inglesi che chiamano indistintamente novella sì la Clarissa ài molti volumicome il Vicario di Wakefield di poche pagine. Egli è vero che un breve racconto può avere la tessitura di un romanzo
      ma il racconto da noi conosciuto sotto il nome di novella è diversamente intrecciatoe non racchiude complicazioni e caratteri come la narrazione inglese di Goldsmith. Onde a noi sembrano opportune le due applicazioni di romanzo e novella; le quali sono necessarie per gl'Italiani che posseggono una novella di struttura particolare : non cosi per i Francesi e i Tedeschi
      da cui si scrivono oggi novelle non dissimili per l'orditura dai romanzionde sembra che la distinzione riposi sulla lunghezza della narrazione. Ma v'è sempre in fondo una distinzione intrinseca
      ed è lo sviluppo più o meno grande della materiadipendente dalla scelta del soggetto che richiede breve o lunga narrazione.
      La novella presso noi è cosi diversa dal romanzocome oggi s'intende
      che mentre l'una fu molto in fiore nei primi tempi della nostra letteraturanon sorse l'altro che assai tardi; il che mostrerebbe che i due generi di componimenti non sono egualmente acconci a tutti gli stati della nostra natura
      e vogliono condizioni di animo e di tempo assai diversi. Il romanzo italiano fu coltivato dopo che gli stranieri ebbero offerto in quel genere buoni modelli. Ed anche a' di nostri non possiamo rag-
      t^ooQle


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

   

Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

Pagina (225/405)






Impero Glodio Albino Apulejo Dafni Cloe Apulejo Omero Lucano Girolamo Rosa Giovanni Lorris Greci Romani Avventure Ciciliano Fiammetta Filoeopo Decamerone Italiani Italiani Inglesi Clarissa Vicario Wakefield Goldsmith Italiani Francesi Tedeschi Qle Romanzo Boccaccio