Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      ROMAAvere la libertà di radunarsi in un recinto riservato ai convegni delle vergini Vestali Fest., p. 262; Plut, Num., 11; Serv.,^n., vii, 1534. Tulio Ostilio, espugnata Alba Lunga, adornò il Foro di una curia o palazzo senatoriale, che si disse dal suo nome Curia Oatilia (Curia Hostilia)>e continuò quasi fino ai tempi imperiali ad esseie il luogo più consueto per le assemblee senatorie, sendo situata al lato E. del Vulcanale (Cic., Rep„ u, 17 ; Varr., L. L., v, § 155; Liv., ia 30), Al lato 0. della Curia eravi la
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      f/rh ^'. rV w St* ì 0/AFig. 5737. — Tempio di Giano.
      Grecostasi [Grcecostasis, stazione dei Greci) e nella sua facciata vedevansi i rostri (rostra); incontra-vasi poi la pila Oraziana (Pila Eoratiana), formata delle spoglie dei Curiazi ; ma se ne ignora oggi il sito. Sembra che il Senacolo {Senaculum, palazzo del consiglio dei senatori) sia stato una piazza elevata ed aperta, attigua alla Grecostasi ed alla Curia, ed in cui solevano raccogliersi i senatori prima di entrare nella Curia per deliberare. Il carcere mamertino (career mamertinus) sovrapposto al Foro (media urbe, imminens foro. Liv., i, 33; fu fondato da Anco Marzio ed è visibile tuttodì presso l'arco di Severo sotto la chiesa-di San Giuseppe dei falegnami. U vero fondatore del Foro deve dirsi Tarquino Prisco, tanto benemerito dei progressi architettonici in Roma, essendo egli stato il primo a. circondarlo di case .private e botteghe; fondò anche il tèmpio, di Saturno, nel Foro, dove stava l'altare, sebbeue, giusta un'altra relaziono, fosse stato incominciato da Tulio Ostilio. Pare però che non ne sia stata fatta la dedicazione prima della cacciata dei re, e propriamente nel consolato di Sempronio e Miuucio, nel 497 av. C.; veggon-sene le rovine, a giudicio di alcuni archeologi stranieri, nelle tre colonne sotto il Campidoglio, mentre gli archeologi italiani le ravvisarono nelle otto colonne superstiti appiè del poggio (Becker, Handb.y p. 312; Liv. u, 21; Varr., ap. Macrob., § I, 8). Formano queste un portico all'estremità del Foro, ma sono di stile rozzo ed hanno diametri disuguali; Canina quindi inferisce, che siano etate ristaurate assai tardi, e forse dopo il trasporto della sede imperiale in Costantinopoli. Dai tempi più antichi il tempio di Saturno servì da erario o tesoro dello Stato, in cui conservavansi il danaro pubblico, le insegne militari e i documenti di rilievo; ed attesa la greca sua origine, compievansi sacri-ticii all'altare di Saturno, giusta il rito greco, ossia a capo scoperto (capite detecto>, e non già a capo coperto (capite velato) come fra i Romani (Macrob., i, 8; Solin., i, 12; Plut, Q. R, 42; Liv., m, 69).
      Attigna al tempio di Saturno eravi una colletta o cappelletta di Opi (JEdes Opis), che serviva di Banca dello Stato; davanti al tempio una statua di Silvano, e di dietro, in un chiassolino od angiporto, ed a metà della salita del clivo, la porta Stercoraria, conducente ad un sito dove deposita-vansi le immondezze del tempio di Vesta il 15 giugno di ogni anno. Sembra che quest'uso avesse relazione coll'epiteto di Stercuto (Stercutus) applicato dai Romani a Saturno; considerato inventore della concimazione dei campi ; annesso poi all'ara di Saturno eravi il sacello di Dite (saceUum Ditis), in cui sospendev&nsi nei saturnali maschere di cera (Macrob., Sai, i, 7, 11; Varr., L. L., vi, § 32; Fest., p. 344; Plin., xv, 20). Tarquinio Prisco introdusse nel Foro una radicale trasformazione, facendovi costruire portici e baracche, più per gli usi giornalieri del traffico che per ornamento, destinandole a bottéghe da ìnacellai, scuole e simili. Il Foro fu dunque in origine assai limitato, e successivamente si allargò colla costruzione di spaziose basiliche, a cui si aggiunsero sotto l'impero nuove piazze, ed alle botteghe aggiunte si diè il titolo di uuòve officine (tabemce novce) per distinguerle dalle primitive di Tarquinio, ch'erauo le vecchie (ta-berntB veteres). Lo stesso re migliorò indirettamente il Foro colla costruzione delle famose sue cloache, la cui metcè fu il medesimo tutto prosciugato, ed il lago Curzio (lacus Curtius), esistente dapprima nel bel mezzo, scomparve affatto, e ciò spiega la leggenda della voragine riempita da Curzio. In memoria forse della bonificazione del Foro, fu eretta una cappelletta a Venere Cloacina ( Venus Cluacina) al lato N. del Foro, preSso le nuOve officine.'Servio TuHio compiè probabilmente i lavori del suo predecessore intorno al Foro appena finito il sno moro, ma sembra non avervi aggiunto di suo proprio cbe un carcere sotterraneo, che si nomò da lui Tulliano (Tullianum), al già esistente Mamertino. Esiste ancora e rappresenta viva e reale allo spettatore la terribile descrizione di Sallustio ( Cat., 55). Le Scale gemonie (ScaUe g emoni ce) non erano già, come pretendono alcuni, entro al carcere Mamertino, ma in un sentiero scendente dal Campidoglio alla prigione, e visibili quindi dal Foro, come si rilevò dagli scavi del secolo xvi, e più ancora dai moderni presso l'arco di Severo; pare che non siensi fatte innovazioni di sorta nel Foro sotto Tarquinio il Superbo (Liv., i, 35 ; in, 48; ix, 40; Dionys., ni, 67; Varr., L. Lv, § 149, 150-1 ; vi, § 91 ; in Non., p. 532; Cic., De or., n, 66; Fest, p. 134; Isid., Orig. xv, 3, 11 ; Plin., xv, 20, 36; Svet., Aug.t 57; Dion. Cass., lviii, 5; Valer. Max., vi, 9, § 13; Tacit,Hist., in, 74; Lue. Fauno, Ani. di Roma, p. 32; Gruter, lnscr., lxi, 1, 2). Uno dei primi edi-fizii inalzati vicino al Foro sotto la Repubblica si fu il tempio di Castore e Polluce, dedicato ne l 484 avanti Cristo dal tìglio del dittatore Postumio. Non fu certo uno dei più grandi, ma la cospicua sua posizione lo rese uno dei più noti in Bouia; e la sua gradinata servì sovente di tribuna per parlare al popolo raccolto, come adoperò talvolta Cesare. Radunavasi in esso il Senato, e vi si trattavano gli affari giudiziarii ; fu ristaurato da Metello Dalmatico» 4 poi rifabbricato da Tiberio, e dedicatoL^ooQle


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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