Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RIUNIONE (DIRITTO DI)
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      Riunioni numerosissime occupanti la via pubblica erano vietate come sospette di intenzioni criminose. Del resto l'arbitrio dell'imperatore o del preside dettava la legge secondo i casi. E cosi fu anche dopo caduto l'Impero; nei varii Stati per lnngo tempo le riunioni non furono nò permesse, nè proibite ; e fra le prime leggi in proposito troviamo quelle che proibivano le adunanze per iscopi religiosi, nei secoli xvi e xvn. Da allora i provvedimenti preventivi cominciarono a prevalere; e sorgendo a poco a poco quella potenza terribile che fu per tanto tempo la polizia, come ogni azione, cosi anche questa del riunirsi fu soggetta allo sguardo ed alla potestà di lei. - La rivoluzione del 1789 fece entrare il mondo in una uuova via: si volle libertà in tutto e per tutti ; le riunioni sorsero, si moltiplicarono, si mutarono in couventi-coli, in circoli, in società; i meeting divennero clubs, e questi governarono, come dicemmo, la Francia. Un decreto dell'Assemblea nazionale del 13 novembre 1790 ricouobbe nei cittadini il diritto di assembrarsi pacificauieute e di formare società libere, sotto l'osservanza delle leggi dello Statò. La Costituzione del 1791 garantì pure, come diritto naturale e civile, la libertà ai cittadini d'assembrarsi pacificamente e senz'armi, soddisfacendo però alle leggi di polizia. Procedendo, non solo queste ma nessuua legge fu sufficiente a frenare le intemperanze, l'irrompere della violenza popolare; « le riunioni (diceva la relazione preposta ad un decreto della Costituente del 19 ottobre 1791), parto legittimo dell'interesse profondo d'ogni cittadino per la cosa pubblica... sono ormai uscite dai limiti segnati dall'ordine pubblico e dai principii del Governo rappresentativo, e, abbandonato il carattere privato che ad esse riserva la Costituzione, si ergono contro di lei, e in lungo di difenderla, la distruggono >. La Convenzione nazionale tolse ogni ostacolo all'azione delle riunioni e delle società. Ma iufiue gli eccessi che ne uscirono produssero una reazioue, la quale cominciò dal proibire le società di donne e arrivò a sciogliere il club dei Giacobini. La Costituzione del 1795 pose confini sempre più stretti all'esercizio di questo diritto, e vietò che le assemblee di cittadini si dessero nome di popolari. D'allora in poi la reazione procedette sempre più sicura, e nel Codice penale del 1840 si scorge quauto preoccupasse i legislatori il ìicordo dell'influenza disastrosa esercitata dalle adunanze, che quel Codice severamente proibisce. Ma proseguendo si fa sempre più marcata la distinzione fra riunione ed associazione ; queste provocano successivamente tutta l'attenzione dei legislatori, che le sperimentano fonte di perturbazioni e di pericoli, e fomite alla guerra civile. Le riunioni invece sono lasciate in balìa ai provvedimenti di polizia ed al buon arbitrio del ministero. Ad uno di questi buoni arbitrii si dovette una fra le occasioni della rivoluzione del 1848. 1 membri della opposizione alla Camera dei deputati, avendo determinato di tenere nei dipartimenti dei banchetti popolari allo scopo di illuminare la nazione sui torti di cui essi accusavano il ministero, questo, presieduto dal Guizot, li volle proibiti nell'interesse dell'ordine e della pubblica tranquillità. La quistione della legalità diquesta interdizione fu discussa all'Assemblea dei deputati. Si convenne che le leggi regolatrici del diritto di associazione non erano applicabili alle riunioni politiche puramente accidentali ; mail mix nistero sostenne ancora che le leggi di polizia gli davano diritto di intervenire sino a scioglierle quando la sicurezza pubblica fosse posta in pericolo. Poco dopo il ministero, il Governo, la monarchia furono rovesciati. — La Repubblica non fece leggi in prima su ciò, contenta d i dichiarare che le società erano un bisogno per la nazione, un diritto pei cittadini. In seguito cominciò a proibire le adunanze nelle chiese e le deliberazioni armate. Poi la invasione della rappresentanza nazionale e le giornate di giugno suggerirono il decreto del 28 luglio 1848, che regolò il diritto di riunione. La Costituzione del 4 novembre 1848 riconobbe la fa^ coltà di assembrarsi pacificamente e senz'armi, salvo il rispetto ai diritti ed alla libertà altrui, e il mantenimento della sicurezza pubblica Dopo i fatti del 13 giugno 1849 fu concessa per on anno facoltà al Governo d'interdire le riunioni pubbliche capaci di togliere la sicurezza pubblica; facoltà per due volte prorogata, finché il colpo di Stato mise fine a cotesti provvedimenti d'occasione. Un decreto del 25 marzo 1852 assoggettò le riunioni al prescritto del Codice penale e della legge del 10 aprile 1834 sulle associazioni. Il Codice penale dispone che qualunque associazione di più che venti persone, di cui scopo sia di riunirsi tutti i giorni o in certi giorni determinati per oocuparsi di argomenti religiosi, letterarii, politici od altri, non possa formarsi senza il permesso del Governo, al quale è lasciata facoltà d'imporre le condizioni che gli sembrassero opportune. La legge del 1834 determina le pene con maggior gravità, e detta regole speciali perchè il Codice penale non si possa eludere, come fino allora erasi fatto.
      In Italia non si sperimentarono le tristi conseguenze dell'abuso del diritto di riunirsi, che vedemmo essere successe in Francia. Quando le schiere francesi scesero a portarci l'attuazione degli ordini politici vigenti nella loro patria, Buonaparte figurava come generale di quel Governo che vigeva per la Costituzione del 1795. Perciò nella Costituzione della Repubblica Cisalpina del 1797 leggonsi queste disposizioni: « Art 362. Nessuna assemblea di cittadini può qualificarsi per società popolare ; — 466. Ogni attruppamento armato è un attentato alla costituzione, e deve essere immediatamente dissipato colla forza ; — 367. Ogni attruppamento non armato deve ugualmente essere dissipato, prima per via di comando verbale, quindi se è necessario colla forza armata». La Costituzione del 1798 ripetè queste disposizioni, le quali si leggono pure in quella del Popolo Ligure del 1797, nella Romana del 1798 e nella Partenopea del 1799. La Costituzione italiana del 1802 non ne fa cenno, e lo stesso si dica degli Statuti costituzionali del Regno italico, delle Costituzioni di Sicilia del 12, di Napoli del 15 e del 20. Bensì vi provvedevano le leggi penali ; le quali riproducevano e rincaravano le disposizioni delle francesi, e tacciavano di ribellione ogni adunanza che non fosse piaciuta alla autorità. Ciò durò fino al 1848.
     
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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