50
I-A DIVINA COMMEDIA
tempia il suo fattore l'anima di Adamo; e Dante, dopo essersi inchinato con riverenza al primo Padre antico, lo supplica di soddisfare quel desidèrio che certo egli può leggergli nell'animo. La luce manifesta la letizia ch'ella prova nel rispondere al poeta ; indi incomincia: * Certo io conosco il tuo desiderio, poiché lo vedo riflesso in Dio. Tu vuoi udire da me quanto tempo è passato da che il Signore mi pose nel Paradiso terrestre e quanto vi stetti ; e inoltre vuoi sapere la cagione del disdegno divino, e la lingua che io inventai e parlai. Ora sappi che la cagione dell'Esiglio non fu già l'aver gustato il pomo, ma l'aver trapassato il segno umano. — Nel limbo sono stato 4302 anni, e sulla terra 930. — La lingua ch'io parlai fu tutta spenta prima della confusione babelica ; poiché ogni effetto, che proviene dall'anima razionale si muta, secondo l'appetito degli umani. La favella è un fatto naturale; ma le varie manifestazioni di essa dipendono dall'umano arbitrio. Prima ch'io scendessi al Limbo, per esempio, Dio in terra si chiamava /, e poi per la continua vicenda delle cose, si chiamò El. — Nel Paradiso Terrestre io stetti peccando sette ore. »
CANTO XXVII.
Il Paradiso intuona con dolcissima melodia « Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo s, e Dante se ne inebbria, ed esalta il saldo e incorruttibile bene della vita beata. Dalla schiera delle quattro luci esce la prima, quella di Pietro, e, divenendo rutilante, in mezzo al silenzio del beato coro incomincia questa invettiva: « Non meravigliarti se io cambio di colore: