48
I-A DIVINA COMMEDIA
virtù sia cara a te, o Jacopo, li lascio a lui stesso. » E Dante pronto: « La speranza è un'attesa certa della gloria futura: attesa prodotta dalla grazia di Dio e da merito precedente. Questa virtù proviene in me dalle parole di molti sacri scrittori, e soprattutto dai salmi di David e dall'epistola tua, o Jacopo. » E Jacopo, segnando con tremulo lampo la sua soddisfazione, riprende: » L'amore per la speranza m'induce a riparlarne; e mi è grato che tu mi dica ciò che la speranza ti promette. » t Le Scritture manifestano il fine a cui tendono le anime elette da Dio, e questo fine mi addita ciò che la speranza promette. Isaia afferma la beatitudine dell'anima e del corpo degli eletti dopo la risurrezione ; e Giovanni, dove tratta delle bianche stole, meglio descrive questa futura letizia. »
A queste parole, echeggia il canto dei beati : « Spe-rent in te », a cui rispondono le danze. Poi fra i vari lumi uno si fa più fulgido e si unisce umilmente al canto e alla danza di Jacopo e di Pietro. Beatrice, come sposa tacita e immota, fissa gli occhi nei tre santi ; e, sempre continuando ad affissai li, dà a conoscere la nuova luce per San Giovanni. Dante, mirando il beato forse per la curiosità di accertarsi intorno a una leggenda ris-guardante il santo, si abbaglia, e la luce cosi lo ammonisce: a Perchè ti abbagli per vedere una cosa insussistente? Il mio corpo è in terra con tutti gli altri, in conformità del divino Volere. Le uniche Luci qui salite in anima e in corpo sono Cristo e Maria; e tu puoi riferirlo in terra, j Ciò detto, i tre apostoli si fermano dalla danza e dal canto. Dante si volge per cercar Beatrice; ma è talmente abbagliato che non la vede.