II. PARADISO
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« E nulla tanto offende Dio quanto la turpe cupidigia dei monaci ; poiché tuttociò che la Chiesa custodisce, è patrimonio dei poveri. Tante sono le seduzioni, che il fervore onde si inizia un istituto religioso raramente può conservarsi. Tanto l'apostolo Pietro, quanto io, quanto Francesco, abbiamo dato umili e saggi inizi ai vostri ordini ; ma ora tutto degenera ; eppure il rimedio sebbene difficile, non sarebbe impossibile! »
Ciò detto, la luce si riunisce alla sua compagnia, che rapidamente s'invola. Beatrice sospinge il poeta su per la mistica scala ; ed egli, in men d'un baleno, vede la costellazione dei Gemini e si trova in essa. Qui Dante si ricorda che quando egli nacque, appunto in Gemini si trovava il sole; e chiede a questa stella di dargli forza per l'ardua impresa di concludere il suo poema. Beatrice lo invita a rimirare in giù tutto il mondo ormai trasceso ; ed egli ubbidisce e rianda collo sguardo le sette sfere e la terra tanto piccola e vile; e vede la luna infuocata senza le macchie, e sostiene, senza esserne abbagliato, la vista del sole e delle stelle vicine; e percepisce Giove e altri pianeti e intende la ragione del loro mutar luogo. Volgendosi coi Gemini, ancora una volta contempla dai colli alle foci questa piccola terra, sul cui possesso tanto si accaniscono gli umani ; e poi rivolge gli occhi agli occhi belli della Donna sua.
Jeatrice se ne sta eretta e attenta verso quella parte del cielo ov'è il sole nel mezzogiorno; e Dante, vedendola nell'estasi, desidera di conoscerne la cagione. Ed ecco che il cielo si fa più lucente e Beatrice col viso ac-
CÀNTO XXIII