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La Divina Commedia
Paradiso
Biblioteca del Popolo
Sonzogno Milano, pagine 62

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   II. PARADISO 7
   capire perchè debba essere dannato un uomo che pure ha condotto una vita conforme a giustizia, ma che non ha potuto conoscere Cristo e la sua Fede. Ma chi sei tu per voler approfondire un imperscrutabile decreto? Se la guida dei Cristiani non fosse la Scrittura, ma la ragione, allora di dubbio ci sarebbe materia inesauribile; ma la Scrittura appunto insegna che la Volontà divina è immutabile, e che soltanto è giusto ciò che a lei si conforma. Nessun bene creato la trae a sè ; ma essa, irraggiando, cagiona questo bene. »
   L'aquila, ciò detto, si rigira, e Dante leva gli occhi a mirarla, mentr'essa rotea e canta, affermando l'inaccessibilità dell'eterno Giudizio. Posta un po' di tregua al roteare di quei fuochi d'amore, l'aquila riprende il suo discorso: « A questo regno non salì mai chi non credette in Cristo venturo o in Cristo venuto. Ma molti che hanno sempre il nome di Cristo sulle labbra, saranno nel giorno del giudizio più lontani da lui di molti infedeli. Anzi gli infedeli potranno condannare certi Cristiani ; e certo avranno parole di riprovazione per quei principi cristiani, i cui biasimi si vedranno scritti nel grande volume della Giustizia divina. In questo gran libio si vedrà fra le opere d'Alberto quell'invasione che diserterà la Boemia; e si vedrà il dolore che Filippo il Bello cagiona a Parigi col conio di falsa moneta ; e si vedrà la cupida febbre di dominio del re di Scozia e del re d'Inghilterra, e la vita molle ed effeminala dei principi di Spagna e di Boemia, e la somma di vizi soverchiante piccolissime virtù del Ciotto di Gerusalemme, e l'avarizia e la viltà e la dappocaggine estrema di Federico II, e le sozze opere dello