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I-A DIVINA COMMEDIA
spade, ma soltanto cogli interdetti e colle scomuniche; e tu, o pontefice, che scrivi soltanto per cancellare, pensa che Pietro e Paolo, martiri di quella Chiesa jhe tu corrompi, sono qui ancor vivi. Senonchè tu puoi dire: « Io ho rivolto il pensiero al solo Battista che impronta della sua imagine il fiorino; e non conosco affatto nè Pietro, nè Paolo, nè gli altri Santi. »
CANTO XIX.
L'imagine dell'aquila si manifesta con le ali aperte, intessuta di liete luci ; e il poeta estatico vede e sente parlare il becco, come una voce sola in prima persona singolare ma in nome di tutti. L'aquila canta la propria gloria in nome delle terrene opere di giustizia; e Dante chiede alla prescienza di questi eletti spiriti giudicanti la soluzione di un suo dubbio antico. E l'aquila, rin-galuzzando in dolcissime melodie così imprende a parlare: « Il sommo Ordinatore dell'Universo non potè imprimere talmente nella creazione il suo valore, che il suo Verbo non rimanesse infinitamente al di sopra d'ogni intelligenza creata. Una prova si ha nel fatto che Lucifero, non volendo aspettare questo lume divino che rischiarasse la sua mentalità inadeguata, precipitò a ruina ; e tanto meno adeguate al Sommo Vero sono le menti delle creature umane. Qualunque luce, che non irradii direttamente da Dio, è tenebra, è ombra della carne, è veleno. E di qui devi capire qual sia il nascondiglio che ti cela la infallibile giustizia divina intorno a quel punto che forma materia del tuo dubbio. Un tale nascondiglio altro non è che la insufficienza dell'umano intelletto. Tu non puoi