Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      162 LEZIONE QUATTORDICESIMAonde possa i suoi confini maggiormente dilatare. Quindi per mio avviso nell'anno memorabile del gran freddo derivò il seccamento degli ulivi e d1 assai altri alberi, perciocché l'umore contenuto in agghiacciando dilata n-dosi sforzò la cortecccia e distaccolla dal corpo dell'ai, bero, tanto che in molti per lo soverchio distendimento spaccossi e crepò. Da questo dilatamento dell'acqua no] congelarsi procede un altro effetto che tutto di avvenir veggiamo, che il terreno dopo strutto il ghiaccio resta più molle e più fangoso che non era in prima avanti che ghiacciasse. Imperocché dilatandosi l'acqua per cui è la terra inzuppata, prorompe al di fuori e sen viene alla superficie e si rappiglia, e struggendosi poi lascia quella poltiglia e quel mollume. E qui vuoisi avvertire che quantunque non fosse noto co tal distendimento del-l1 acqua ad Aristotile, n' ebbero però notizia Ateneo e Plinio, ì quali scrissero che 'l ghiaccio è sempre più lieve dell'acqua, la qual verità ad evidenza dimostrò il nostro incomparabile Galileo nel dottissimo trattato dei Galleggianti. Or crescendo 1' acqua in agghiacciando, struggendosi ritorna allo stato primiero, né si conosce alcun divario nella quantità o nel peso che per li nostri sensi comprender si possa. Crederei che Ippocrate ed Aristotile nel far co tal esperienza, (se pur la fecero), fallissero in negligenza, comparando l'acqua del ghiaccio li-quefatto col ghiaccio medesimo, il quale, come abbiamo detto, occupa molto maggior luogo; o veramente, ebo strutto il ghiaccio immantinente osservassero l'acqua nel vaso, allora quando essendo freddissima è altresì densissima, e si ristrigne e raccoglie in minor luogo che non quando é nello stato suo naturale. Un somigliante errore presero, come io avviso, nel disaminare la gravità deiracqua, essendo tanto più grave l'acqua quanto è più fredda.
      Lo stosso errore Credo che prendano quelli che fanno tanto fracasso della gravità e leggerezza dell'acqua per


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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