Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      DELLE BEVANDE GHIACCIATE 15^Quando vocatus adest calidat% gelidceque minister*
      Ateneo approva il bere l'acqua calda per lo più l'inverno e la primavera, e l'estate la fredda. Ma Seneca rampogna i Romani, perciocché, com'egli dice: non cesiate tantum, sed et media hyeme nivem hoc causa bi-bunt ; e ne attribuisce la cagione al soverchio mangiare e smoderato ber del vino, per cui ardendo le viscere appetiscono anche di mezzo inverno il refrigerio della neve. Dell'istesso sentimento fu Giovenale1* allorché scrisse:
      Cum Domini stomachila fervei potuque, ciboque Frigidior Geticis peti tur decocta pruinis.
      L'uso comune delle bevande ghiacciate ne'noBtri tempi non è molto antico. I nostri maggiori solevano rinfrescare il vino ne'pozzi come alcuni fanno anche oggidì, e fu anticamente praticato da'Greci, come si ritrae per l'autorità di molti poeti greci riferiti da Ateneo nel libro terzo delle sue Cent. Anzi alcuni davansi a credere che non il vino tuffato e profondato nelT acqua, ma calato nel pozzoy sicché non toccasse V acqua, più ei rinfrescasse. Laonde Plutarco intraprende ad investigarne la ragione, e per mio avviso non la ritrova, perciocché é falso ciò che si presuppone in questa qui-atione, nè puote ciò avvenire fuor che nella fredda stagione dell'inverno, allorché l'aria è più fredda dell'acqua de' pozzi. Crescendo poi a poco a poco la morbidezza e piacendo sempre più il viver molle e lo sbevazzare di-Beatamente, non si contentarono i nostri maggiori della freschezza de' pozzi e cominciarono ad appetire nell' e-stremo caldo dell'estate il freddo della neve e del ghiaccio. Bernardo Buontalenti, uomo di sagacissimo intendimento e nominatissimo per ingegno e per molti ma-ravigliosi ritrovamenti, fabbricò il primo le conserve del


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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