Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      LEZIO ICE UNDICESIMASi calidum potas, ardenti murrha falerno Convenit et tnelior fit sapor inde mero.
      ed in altro luogo:
      Nos sumus audaci* plebeia toreumata vitri ; Nostra nec ardenti gemma feritur aqua.
      e similmente altrove:
      Rumpis et ardenti madidus cryttalla falerno.
      e parimente:
      Candida Setini rumpant crystalla trientes;
      e antiponendo i bicchieri di vetro lavorati nel circo Flamminio a quelli di cristallo venuti dall'Egitto, dice di questi:
      Et nimium calidis non vitiantur aquis•
      Che i bicchieri di cristallo venuti d'Egitto o fosse cristallo di monte o vetro ridotto alla similitudine del cristallo, non reggessero alle bevande calde e si rompessero, chiaramente dimostra, che non dovessero quelle essere state tiepide, ma calde, caldissime: massimamente da che i bicchieri d'Egitto erano molto grossi, come si convien credere, essendo intagliati e scavati con immagini scolpitevi, onde scrisse il medesimo Marziale:
      Aspicis ingenium Nili: quibus addere ptura Dum cupit, ah quoties perdidis autor opus;
      e perciò chiamogli diatreta, cioè intagliati e scavati.


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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