Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      148 LEZIONE TREDICESIMAsext^rium. Adunque gli scrittori per nome di frigida significano l'acqua, e non l'acqua ghiacciata, ma qual ella si è naturalmente fredda. Nè altrimenti l'addiman. dano uè altro aggiunto le danno i medici. Cornelio Celso, nel cap. 2 del libro primo: Ubi experrectus est aliquis paulum intermittere, deinde, nisi hyems estf fovere os multa aqua frigida debet; ed altrove frequentissimamente. Quindi ne seguita necessariamente che gli scrittori nominando l'acqua calda, intendano signi-fi care l'acqua scaldata, perocché la contrappongono alla fredda. Marziale:
      Caldam potei* aquam : sed nondum frigida venit;
      Alget adhue nudo clausa culina foco ;
      ne'quali versi vuoisi osservare, che non solamente si contrappone l'acqua calda alla fredda: ma si adduce ancora La ragione del mancamento dell' acqua calda, cioè a dire pertthè era tanto per tempo, che il servo non era ancora andato a pigliar V acqua, non che avesse acceso il fuoco per iscaldarla, ed altrove:
      Frigida non desit: non deerit calda petenti;
      Sed tu morosa ludere par ce siti;
      la qual acqua in altro luogo egli chiama tepente:
      virtreisque tepentem Ampullis pota* semisupinus aquam.
      Luciano: *ai Itóijaov, xcit *ou fttflxóv. Fu ap-
      parecchiata la mensa co'bicchieri, ed era pronta Vae-qua fredda e calda. Ateneo, nel libro secondo delle Cene de'savi : Trpomvm tàwp «v juv x1*^1 * 11
      jioXicra: Èv li t» 6*p«t Bere per lo pià l'acquacalda nell'inverno e nella primavera, e fredda nell'e-


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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