Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      li E K I O H G 1.
      dell' ubbriachezzà e de' gran bevitori.
      Udiste nel passato ragionamento, notissimi ascoltanti, in quante guise gli antichi costrignessero a bere i convitati : e con quante lusinghe gì' invitassero , e con quanti allettamenti a bere smisuratamente gli provocassero. Con tali beverie tuttora fomentavano il vizio dell1 ebbrietà, in ogni tempo comune a tutte le nazioni, ed a quelle eziandio, che non beevano vino. Plinio de' popoli beventi la birra cosi parla : Est et Occidenti$ populis sua ebrietà* fruge madida. £ qaindi soggi ogne t Heu mira vitiorum soler Ha ! inventar* est quemadmodum aqua quoque inebriar et Conchiude finalmente: nullaque in parte mundi cessai ebrietas. E BantT Agostino, nel sermone mentovato nel passato ragionamento, dice che questo vizio era si fattamente diffuso pel mondo tutto, che gli uomini universalmente bevitori e briachi, per lo più non lo riputavano peccato; e porta l'esempio Lotte, che dal soverchio bere a ree e nefaidn cose lascio»*} bruttamente fe»»


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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