Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      dell'uso de* brindisi e delle corone 109
      Donec eros mixtus nullia Acheloe racemis, Gratta sumendcs non erat ulla rosee.
      Bacckus amat florea : Baccìio plaouiate coronarti, Ex Ariadnato sidere noase potea.
      E dunque vero, che gli ubbriachi, il più di rose e di fiori erano incoronati : ma non è altresì vero per Io contrario, che quelli che si coronavano fossero ubbriachi. Imperocché in onore di Bacco, e per maggior diletto e piacere e giocondità del convito, incoronar gi solevano. Bacco si rappresentava dagli antichi coronato d'oliera: per la qual cosa ancor essi beendo, in onore del Dio del vino s' incoronavano. Perciò Tibullo, dopo aver detto al principio della mensa;
      Candide Liber adea : aie sit tibi myatico vitis, Sic kedera semper tempora vincta geras;
      sogghigno poi al fine:
      Iamdudum Tyrio madefactus tempora nardo, Debueram sertis implicuisse comas.
      Avendo beuto allegramente per discacciare le noiose cure d' amore, si pente di non avere di corona avvinte le chiome. *
      Per si fatte ragioni incoronavano similmente le tazze del vino. Alcuni hanno creduto, che questo incoronare de'bicchiert, che spesse volte gli antichi poeti leggiadramente commemorano, dinotasse ricolmargli di vino si fattamente, che sopravanzando questo 1' orlo del bicchiere, e d'ogni intorno circondandolo, l'inghirlandasse : siccome del mare disse il gran poeta toscano:
      Fuor di quel twar, the la terra inghirlanda.


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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