Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      104 LEZIONE NONAtamquam prò filio exorasseL Osservate che l'unguento
      e le corone erano contrassegno di cenare allegramente,
      Marziale:
      Pinguescai nimio madidus mito crinis amomo, Lastenlurque resi» tempora sutilibu$.
      Orazio parimenti, volendo solennizzare con festa e gioia il ritorno d'Augusto di Spagna, comanda al suo servo:
      I, peto unguentum, puer9 et coronas, Et cadum Marti memorem duelli.
      Archestrato, i cui versi greci rapporta Ateneo, esorta ad osservar sempre mai ne1 conviti questo laudevole costume :
      Le ghirlande de9 fiori al capo intorno Avvolgi ne% conviti e lieto aspergi D'unguenti preziosi il crine adorno.
      Ma questa antica costumanza si è troppo più chiara di quel che faccia di mestiere il confermarla maggiormente con autorità, facendone menzione tutti gli antichi poeti, ed altri molti scrittori: ed Ateneo, e Plinio, e Tertulliano, e Clemente Alessandrino, i quali distesamente ne trattano.
      Quantunque facessero queste corone d' ogni maniera di fiori e d'erbe, nondimeno il più erano di rose, come avrete osservato ne1 versi di Marziale da noi testé rapportati : per la qual cosa disse Giovenale :
      putere videntur Unguenta, atque rosee latos nisi substinet orbeè Grande ebur. ,


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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