Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      l.heiohx ottavaMe quoque per talos Venerem qucerente secundos $emper damnosi subsiliere Canee.
      E Marnale, accennando il guadagno che irreca il tiro Venereo :
      Cura steterit nullus vultu tibi talus eodem, Munera me dices magna dedisse tibi.
      Ovidio, gran maestro d' amore, ammaestrando l'innamorato giucante colla sua dama, 1' esorta a* lasciarla vincere per averne grazia, e l'ammonisce cosi:
      Damnosi faąto stent tibi scepe canee.
      Quindi si puote agevolmente comprendere perchč Cicerone, volendo provare non esser la divinazione casuale e contingente, usi questa similitudine : Quatuor tali iacti casu Venereum efficiunt : num etiam centum Ve-nereos, si quadringentoa ieceris, casu futures putas ? E nel seguente libro rispondendo a questo argomento: Venenum iaci posse casu quatuor talis iactis : quadrin-gentis centum Venerios non posse consistere. Primwn nescio cur non possint Quindi si fa beffe della sciocchezza di coloro, che davansi a credere avvenire per grazia della Dea Venere, anzi che per caso, qualora accadeva, che questo tiro facessero. Mi maraviglio che Cicerone, volendo far concepire l'impossibilitą di tale avvenimento casuale, non si servisse del cane in cambio di Venere, il quale č tiro che pił difficilmente e pił di rado* deve accadere. Antepose forse Venere al cane per render pił illustre, ed alla materia di cui trattava pił dicevole l'argomento.
      Ora nei conviti, quei che gittando i tali faceva Venere, era l'arbitro del bere : al quale intendimento scrisse Orazio :


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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