Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      68 lezione sestatrovatore di lavorarli d'argento e d' oro. Cornelio Ni. potè scrisse, che avanti la vittoria di Siila, due soli triclinj d'argento erano in "Roma. Crebbe poi tanto la splendidezza , o dir vogliamo Io strabocchevole scialacquamento, che Plinio de' suoi tempi attesta cose ma-ravigliose. Narra egli, che Scipione Aflricano trionfando de* Cartaginesi, portò a Roma quattro milioni, e quat-trocento gettantamila libbre d'argento. Quindi soggiu-gne: Hoc argenti tota Carthago habuit Ma terrarum mmula , quod nunc in mensamm apparato est. Aggiu. gne, che Livio Drugo, tribuno della plebe, aveva undicimila libbre d'argento. Stimo però, che questi letti non fossero d'argento sodo, e come suol dirsi di getto, ma di piastra; notando Lampridio , che Eliogabalo aveva d' argento sodo tento i letti da dormire, quanto quelli da mangiare. De' letti d' oro n'abbiamo 1' esempio nel convito, che fece Alessandro Magno agli Ambasciadori indiani, appresso a Quinto Curzio : Centum aurei ledi modici8 intervalli* positi erant. Lectos drcumdederant auleta purpura , auroque fulgentia. Parimente de1 letti d'oro e d'argento, fanno menzione le sagre Lettere nei convito d' Assuero. Per la qual cosa giudicar non si dee poetico ingrandimento, ciò che di Didone scrive Virgilio :
      Aulwis iam se Regina superbisAurea compostili sponda, mediamque locabit.
      Le tavole ancora erano ugualmente ricche. Marziale, lib. IH, ep. 25.
      Substentatque tuas aurea mensa dapes.
      Generalmente di tutta la suppellettile, Labeone giuri-sconsulto, che visse al tempo di Augusto, trattando del legato della suppellettile, dopo aver narrato, che nel


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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