Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      58 lezione quintache ministrano i credenzieri, le chiama grati doni dell* seconda mensa, imperocché tanto studio v' impiegavano, che in molti e diversi ufficj dividevano il ministeri del credenziere: altri accomodando le frutte, i quali n^ minavansi pomarii; altri manipolando le torte e le sfogliate,! quali si dicevano placentarii ; ed altri in molte guise le altre vivande dolci, e chiamavansi dulciarxi ; altri lavorando latticinj, e addimanda vansi lactarii ; e questi tutti erano aggiunti della parola piatorea. Quindi è che per eccellenza i Latini chiamavano opus piato-rium non il pane ordinario, ma le torte e le focacce e T altre paste intrise ed impastate con uova, con latte, con burro, con mele, ed in altre guise rendute gustevoli e delicate* Plinio, nel lib. xvm, cap. xi, dopo ave* narrato varie sorte di pane, soggiunge : Quidam et ovia, aut lacte aubigunt : butyro vero gentea etiam paeatce, ad operia piatorii genera tranaeunte cura. Svetonio nella vita di Tiberio : Dato JEdilibus negotio popinaa, go-neoaque usqtic eo inkibendi, ut ne opera quidem piato-ria proponi 8ÌnerenU E Marziale del pastelli ere, o confettiere :
      Mille Ubi dulcea operum manna iata figurai Exatruit : hnic uni parta laborat apia.
      A ragione dice Marziale operum mille figuraa: imperocché Ateneo e gli altri autori numerano una quantità innumerabile di torte e di simiglianti lavori: e Clemente Alessandrino nel suo Pedagogo fortemente si lagna che la strabocchevole golosità degli uomini non abbia avuto termine alcuno nel ritrovare tante sorte di si fatte ghiottornie. Nè poteva avvenire altramente, avendovi tanti mestieri in questa sola professione, ed in ciascun mestiere tante persone che continuamente aguzzavano lo ingegno e faticavansi in trovare cose molto esquisita e delicate. Parmenione avendo espugnata la città di


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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