Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      4Glezione quarta
      Fccundi lepori$ sapiens sectabitur armosDel fenicottero mangiavano solamente la lingua. L'oche piacevano per la curatella e le ingrassavano a dismisura, acciocché questa crescesse in grandezza e trattala dall'oca la tenevano ad inzuppare nel latte melato, onde rigonfiasse di più : e fu gran questione tra maestri del« l'antichità se M. Seio cavalier romano ó veramente Scipione Metello discoprisse si gran bene. Messalino trovava un altro boccon buono nell'oche, mescolando palme di pie d?oca arrostite, òffe creste di polli e con buoni condimenti facendone saporito manicaretto.
      Il cinghiale tra tutti gli animali quadrupedi avea il primo grido, checché dica Marziale, che dà il vanto alla lepre ; e tutto intero Io mettevano in tavola ne'sontuosi banchetti; di che grida Giovenale:
      Ottanta est gala, qìue sibi totos Ponit apros, animai propter convivia natum.
      Ma ciò altra volta distesamente favellammo. Il porco somministrava alle mense abbondantissima copia di vivande, ed è maravigliosa cosa ciò che dice Plinio: Neque alio ex animali numeriosior materia ganece : quinquaginta prope sapores, cum ceteris singulù Nientedimeno i saggi mangiatori appetivano solamente il grifo, e si nei maschio come nella femmina le parti della natura destinate alla generazione: onde ne seguiva un grande scialacquamento e di danari e di porci, e perciò fu giocoforza, che più volte le leggi, vietando cotali vi» vande, vi provvedessero. Hinc censoriarum legum pa-§inPlinio, e lo scrivono anche Varrone e Macrobio; ma queste leggi non furono mai che per breve tempo osservate. Non può senza mera-.


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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