Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      36 LEZIONE TEBZAdì cbe scrive Giovenale nella satira quarta. Gli spannocchi ancora erano lodatissimi, come avrete osservato ne' versi di Lucilio, che poco innanzi vi recitai. Giovenale parimente magnifica lo spannocchio, e dispregia il gambero nella sat. v, vers. 80.
      Adspice quam longo distendat pectore lancetn, Qucb ferlur dajtno, squilla^ et quibus undique septa A sparagis , qua despiciat convivia cauda, Cum vc/tit excelsi manibus sublata ministri, ftcd Ubi dimidio con 8 Ir ictus cammarus ovo Poni tur t exigua feralis ccena patella.
      L' ombrina non ò molto Iodata dagli antichi, ma bensì il lato, pesco Umilissimo all' ombrina , ma più grande, più soave e più delicato, quale i nostri pesciaiuoli non distinguono. E questo vicn lodato come vivanda mura vigli osa da Archestrato , particolarmente se sia no-drito nel golfo di Messina.
      L' orata nop si giudicava pesce molto buono, fuorché quolla che, si nodriva df ostriche nel lago Lucrino, che n* era doviziosissimo, la quale aveva stima e reputazione , come e' insegna Marziale, lib. xm., ep. 84.
      Kon omnis laudem, pretiumque aurata meretur, Sed cui 8olus erit concka Lucrina cibus.
      Per lo contrario le tiuche e le lacco erano cibi volgari, e da poveri uomini. Delle tinche cosi scrive Ausonio nella Mosella :
      Quis non et mrides vulgi solatia tincas Korit fe simigliantcmcnte delle laccc, o cheppie * Stridentcsqvc focis obsonia plebis alosas.


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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