Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      de' pesci 31
      avvegnaché unicamente fondata sul matto o fantastico capriccio d'un uomo. Che diremo, di Crasso cittadino principale di Roma, e di gran senno, e di grand'eloquenza fornito , che qual figliuola estinta pianse una diletta murena morta nel suo vivaio, e si vesti a bruno; onde ti ragione da tutta Roma proverbiato ne fu? Una simil debolezza da Plinio a' attribuisce ad Ortensio, oratoro eccellentissimo-
      Or venghiamo finalmente a favellare delle vivande, cho si tenevano in gran pregio da'ghiotti di quei tempi, già nostra guida Plinio, il quale nel capitolo diciottesimo dei libro nono scrive cosi: Apud antiquos piscium nobi-Usaimus habitus acipenser : nullo nunc in honort est, quod quidem miror, cum sit rarus inventu. Poatea prce-cipuam autoritatem fuisac lupia , et asellis Cor ne lina Sepoa, et Laberius Poeta mimorum tradidere etc. Nunc scaro datur principato». Proxima est his mensa generis dnmtaxat mustelarum. Ex reliqua nobilitate et grafia maxima est, et copia mullis, sicut magnitudo modica. Nomina qui Plinio tra' pesci più preziosi e più stimati lo storione, il ragno, il nasello, la lampreda e la triglia. Lo storione fu in tanta stima, che usavano portarlo in tavola con pompa e con suoni i ministri coronati, come riferiscono Macrobio ed Ateneo : e pare che si costumasse anche a1 tempi di Plauto; accennandolo egli nella Bacckaria con quei versi rapportati da Macrobio:
      QuÌ8 est mortalis tanta fortuna affectus unquam, Quam ego nuncsum7 cuius hac ventri portatur pompa Vel nunc, qui mihi in mari acipenser latuit antehac, Cuius ego in latus latebras reddam meis dentibust et Manibus tEra allora questo pesce raro in Roma, quantunque oggidì ve ne sia gran dovizia. Plinio: Quod quidem miror, cum sit rarus mventu. E Cicerone nel dialogo che


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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