Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      qtmflti dovessero esanro i convitati, rispose non e*serdodici: ina che di quei cinghi :tii qu al prima e qiial poi era stato messo ad arrostirò, acciocché in qnaluntjn? 0m Antonio si ponesse a tavola ve ne fossero alcuni cotti a ragione e stagionati : e soggiunse, che per avere una cena bene iu pronto si couveniva apprestarne molte. Quanto fosse dispendiosa questa hoverchia delicatezza voi il vedete. Nel convito di Carano decritto da Ateneo a ciascun convitato ei pone avanti uno sterminato cinghiale. Imperocché avevano questa boria, ohe fossero grossissiroi; e però gli pascevano largamente, e sfoggiata ni ente gl'i ngra ssa vano. Giovenale ce n'assicura :
      Aitilis et flavi digm\8 ferro Mclcagri
      Fumat aper.
      Ond'è che Seneca e Varronc chiamarongìi apros mil-liarios, quasi che pesassero mille libbra II primo che messe in tavola un intero cinghialo fu Servilio Rullo, padre di quello che nel consolato di Cicerone promulgò la legge agraria. Non andò guari che quest'usanza divenne comune e quotidiana ; e si crebbe questo scialacquamento, che due e tre ne ponevano in tavola per antipasto ; e perciocché Tiberio d'un mezzo »i contentava, dicendo che nel mezzo tutto ciò che nell'intero si ritrovava, quale avaro e sordido fu proverbiato. Quindi cominciarono a riempiere il cinghiale di becca-fichi, e di tordi arrosto, e d'ostriche, e d'altri bocconi saporiti e dilicati, e l'addi manda vano il porco troiano , per simiglianza del cavallo troiano che di valenti e bravi soldati fu ripieno. Scrive Ateneo , che un cuoco cosse uno di questi cinghiali mezzo lesso, e mezzo arrosto senza apararlo, e con leggiadra maestria Tacconeiò per maniera, che non si vedeva nè la ferita ond'era morto, nò alcuna apertura, onde di tanti ani-


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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Antonio Carano Ateneo Mclcagri Seneca Varronc Servilio Rullo Cicerone Tiberio Ateneo Tacconeiò Giovenale