Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      18 LEZIONE SECONDAe donò loro fino le carrozze, le mule , e i mulattieri, onde a casa sua ciascuno agiatamente si ritornasse. E per dire alcuna cosa anche de' forestieri, Alessandro Magno soleva convitare sessanta, settanta amici, e spen* deva nella cena mille scudi il giorno. Il re di Persia cenava con quindici mila persone, e spendeva quattrocento j talenti, cioè a dire dngentoquaranta mila scudi ; e lej città del regno pagavano il tributo per la cena del re. Laonde allorché Temistocle , perseguitato da' suri cittadini, in Persia si rifuggi, e per sua sicurtà e saU1 vezza a Serae ebbe ricorso, il re gli assegnò tre cittàj le quali il pane e il vino e il camangiare abbondevole mente gli somministrassero»
      Ritorniamo a'Romani, i quali smoderatamente nelle eene dispendevano, si per istravagante follia di appo-* tire i cibi venuti da lontanissimi paesi, si per disotdv nata burbanza o vanità di ricche e doviziose imbandi*! gioni, per affettata squisitezza, e delicatezza di gustoj Primieramente da tutti i paesi, quantunque remotis» simi, le più squisite vivande a Roma facevano tra» sportare. Sentite, come aspramente rimprovera a'Romani questo disordinato appetito il comentatore di Teodosio, Hifrum gulce angvstus erat noster orbis ; namque ap. positaa dap€8 non sapore., aed sumptu (estimante», illU demum cibis acqmeacébant, qiioa exlremus Or iena, atti po8Ìtua extra Romanum Colchus Imperium, aut famosi naufragiis maria misisscnt E Seneca nel libro dell* vita beata : Aspice Nomentanum, et Apicium terrarun ac mmris bona conquirentes, et super mensam recogno* scentes omnium gcntium ammalia. Di questo Apieio narra Ateneo, che avendo sentito dire che le locuste d'Africa erano molto maggiori di quelle d* Italia, imbarcò , e a quella volta il cammino dirizzò. Ma arri* vato in AfHca, ed informato da'pescatori ciò non e* ser vero, senza scendere in terra diede volta, e a Romt rHcrnosaene* Cassiodoro scrive, che gli ambasciatori


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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