Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      8 LEZIOSE PRIMAe di preziosissimi vini- Il triclinio era la tavola, che usavano gli antichi, cosi nominata da' tre letti, che at-tomo le stavano. Perciocché anticamente non sedendo a tavola, come usiamo noi, ma giacendo nel letto, man* giavano: e per istare alquanto sollevati, col gomito sinistro al guanciale s'appoggiavano. In ciaschedun Ietto capivano tre e quattro e più convitati \ ma lo stivarne in un letto più di quattro, poca lautezza e delicatezza si giudicava. Laonde Cicerone rimprovera Pisone d'inciviltà e rozzezza con queste parole: nihil apud hunc lautum , nihil tltgans etc. Gratti quini stipati in le-ctulis, scepe plurcs. Pertanto si può agevolmente spie* gare onde avvenisse che 8. Giovanni neila Cena del Signore addormentato si giacesse sol petto di Cristo. Io vò immaginandomi che giacessero cinque per letto gli Apostoli, e tre soli fossero nel letto ove giaceva Cristo nostro Signore, siccome convcnivasi alla dignità e riverenza dovuta al Maestro. Cristo stava coricato nel mezzo, e sotto di lui S. Giovanni; il quale sorpreso dal sonno, inchinando il capo, doveva necessariamente posarlo sul petto di Gesù Cristo.
      Ma torniamo ai solenne convito di Giulio Cesare. Veatidue mila triclini capiscono comodamente trecento trenta mila persone. Imperciocché in tanta moltitudine di convitati, in tanta folla di popolo minuto, non è verisimile che si coricassero meno di cinque per letto. Ewi tra voi chi stordisce udendo un numero si sterminato di eonvitati? ma sappia egli, che a1 tempi di Cesare non meno di jtrecento venti mila persone s' annoverano in Roma, alle quali si dispensava a pubbliche spese il grano, onde comodamente viver potessero. Altrettanti o più per mio avviso furono i banchettati da Cesare. Ma ciò che eccede ogni maraviglia si è che per render il popolo più gaio e giulivo fece distribuire dieci modj di grano, dieci libbre d'olio, e dieci scudi a ciascheduno. Li soli denari dispensati sommano tre


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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