Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      DE* COHVITT PUBBLICI confermata la legare Fannia quasi in tutto c per tutto legge Licinia, e ordinato clic i trenta baiocchi si potessero spendere solamente ne'giorni delle calendc, delle none e della fiera : negli altri giorni non *i potesse porre in tavola se non tre libbre di carne secca, ed una libbra di salume * ma de* frutti della terra potesse ognuno a suo piacimento sfoggiare. Non molto dopo, ad istanza di Siila, dittatore, fu fatta altra legge che prescriveva la spesa di cinque lire ne' giorni delle oalcnde, delle none, degl'idi e de'giuochi pubblici, e dell'altre feste solenni, e negli altri giorni di sei crazie, come riferisce Gelilo; avvegnaché Macrobio dica che questa legge solamente scemò il prezzo delle cose da mangiare per non impoverire i ghiotti ; susseguente-mente la legge Emilia prescrisse la qualità e quantità delle vivande che mangiar si dovevano. Quindi la legge Antia impose nuova prescrizione alle spese, e parimente Teditto di Marc'Antonio, e finalmente la legge Giulia, quale più indulgente dell' altra permise di spendere cinquanta giuli ne1 di da lavorare, e cinquanta lire nei giorni delle feste, e dugcntocinquanta giuli ne'banchetti delle nozze ; e indi a poco l1 editto del medesiino Augusto, ovvero di Tiberio, che secondo le varie solennità ampliò i confini delle spese dalle cinquanta lire fino a cinquecento giulLNon dubitante già, virtuosissimi accademici, che i vostri stravizi fossero sottoposti alla rigorosa censura delle leggi cotanto severe : imperciocché per mio avviso esse non comprendono le cene solenni e pubbliche. Erano 1* antiche cene di due sorte : altre pubbliche, ed altre private. Le pubbliche cene si facevano da* sacerdoti, da' magistrati, da' trionfanti, e talvolta dagV impe-radorL Le cene, che facevano i sacerdoti quando imprendevano r uficio, si chiamavano adiciali : o perchè aggiungevansi molte vivande alla consueta imbandigione della privata cena, ovvero perchè a1 aggiungeva


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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