Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      PREFAZIONE XIUE di Pappo, Archimede e del Pergeo Sa i corvi freghi e sa le quadrature, E delP algebra intinto è nel cibreo Ch 'n cifra fa le sue cucinature, E sa chi fu ingegner del Culiseo, E chi il primo inventò le privatnre; Gli è d' ogni acienaa in somma un repertorio) Df un saper senza termin perentorio,
      E bello o no, cbe uu po' nel corpo e1 sia, Quell'anima, eh* egli ha, V è troppo bella, Sebben, che se non fosse un'eresia, Ch'ei n'ha più d'una vorrei dir con ella, E che in lui non un' anima si stia Questa ragione a creder mi zimbella, Ma n abbia sette o otto per incanto Perchè una sola non può saper tanto.
      Che fosse brutto è detto per ischerzo e brutto non appare nel ritratto die noi abbiamo ricavato dal medaglione, riprodotto dal Gori. — Bronzo espressivo, gli dice il Niccolini, appassionato delle apostrofi, che nobil parte de' tuoi grati discepoli consacrò, figurandoti per quella Temide celeste, cbe dal suo tempio collocalo nel Parnaso, delle Muse, tipo d'ogni sapere, abituro, diede col suo oracolo le giuste sorti a' mortali, e che per loro messe alla luce, la giustizia, le buone leggi e la pace, come nelle tre ore, sue divine figliuole, Dicc, Eunomia ed Irene chiamate, la greca mitologia, simboleggiò.
      Dopo aver parlato de" suoi studj, del suo temperamento, della sua innocenza, che non V ab


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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