Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      XJI PREFAZIONEconio lo pecorelle, che escoo dal chiuso, addossarsi tranquilla mente, senza saper lo imperché, a'delti di alcun maestro; e però sciolta la sua ragione da'lacci oltraggiosi dell' autorità, qual ape industriosa volò su tutti i fiori delle opinioni de' filosofanti, e da essi la miglior sostanza traendo , mele soavissimo di dottrina formonne. E con quéste intarsiature di versi danteschi e petrarcheschi, condite di miele estratto dai fiori, par proprio lo stile straforato, per usare un'ima-gine del Colombo, come un panaro d'ave che fanno il miele.
      Meglio che il Niccolini assai, Lorenzo Bellini, il grande anatomico7 nel suo poema dei Buccheri ritrae nelle seguenti quattro vivacissime ottave il nostro autore.
      E F Averani il brutto egli è un demonio, Cbe 'n quanto nel saper nessun l'appaia, Sa Tucidide a mente e Svetooio E dove avea Senocrate l'ovaia, E di cbe razza corna è Giove Ammonio, E perchè a gole tre Cerbero abbaia, E s'è transustanziato con Focilide, Con Demostene, Socrate e Bacckilide.
      E 'n cielo, e 'n terra, vuoi dentro o di fuori, Sa lutto quel che v'è parte per parte, E sa degli animali e sa de* fiori L'impastamento, la natura e F arte , E sassi sodi, e teneri liquori E nubi in aria, e nebbie in terra'sparte, E de' turbini il pazzo girigogolo E ragionar di Dio da gran teologo.


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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