Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      PREFAZIONE IXbritannico, e gli uovoli di Claudio; questi uccidevano, quello abbrutita.
      Molti scrittori hanno trattato questo soggetto non tanto per detestare gli eccessi e i danni del lusso, quanto per /ini scientifici ed economici. Ai nostri di questo studio è, come tanti altri, pervenuto al sommo, ma nessuno, crediamo, tra noi ha discorso questa materia con tanta conoscenza e possesso dei fonti e con tanta eleganza di stile cGiuseppe Averani. Il suo è uno di quei lavori originali, che non son mai annullati dalle ricerche susseguenti.
      Ai dì nostri un libro di tal fatta darebbe, senz' altro, ad «no scrittore. Il Menière ritrovò i vestigj della antica medicina nei poeti latini, e fu lodato per la sua erudizione ed amenità. Dalle sue spiritose rapsodie appar più viva la storia della medicina che in Celso, sì candido e felice scrittore. Per iAverani questo lavoro fu un passatempo; un cesellare fondendo il Perseo. Egli, secondo il genio della nostra nazione, fu enciclopedico ; o meglio un vero maestro in giure, definito per la scienza delle cose umane e divine. Giureconsulto, professò cinquan-taire anni a Pisa, e dettò le Inlerpretaliones juris, opera classica, ove si aggiustò più che altri al Cuiacio , che fu il più grande, se non il primo ad esporre i maestri del diritto romano in modo dicevole alla loro eleganza geometrica. Matematico espose Archimede, illustrò l'interprete


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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