Relazioni
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In qual senso deve intendersi l'azione di difesa del tipo linguistico e nazionale da parte della Dante Alighieri? Deve essa escludere l'assimilazione politica dell'emigrato da parte del paese d'adozione? In altri termini, deve la Dante Alighieri, per proseguire l'opera sua, ostacolare la fusione dell'emigrato con la popolazione indigena, e in particolare opporsi al cambiamento di cittadinanza?
E noi rispondiamo senza esitare che la Societą nostra non puņ ostacolare una siffatta fusione, e se lo potesse non lo dovrebbe, nč lo vorrebbe. La Dante Alighieri nel fenomeno sociale dell'emigrazione non vede nč un danno, nč un pericolo per l'Italia. Risultato di fattori economici troppo noti, la corrente migratoria va difesa e protetta, e l'emigrazione deve conseguire la maggiore efficienza possibile. Per la qual cosa, se al benessere dell'emigrato, al suo progresso intellettuale e morale, alla prosperitą sua e della sua prole giova l'assunzione della nazionalitą americana, la trasformazione virtuale del cittadino italiano non č un fatto che possa dolere alle instituzioni che amano la patria. Questa di certo non desidera la conservazione di figli lontani, poveri e disprezzati; essa non antepone egoisticamente all'incremento civile e morale della popolazione ond'č feconda, la voglia vana, e in fondo irrealizzabile, di tenerla a sč congiunta col vincolo di nazionalitą soltanto formale.
Onde scaturisce il programma italo-americano della Dante Alighieri, che č quello di illuminare con la scuola e con la propaganda civile i figli d'Italia che varcano l'Atlantico: di illuminarli in modo che essi possano coscientemente decidere del loro avvenire, scegliendo la via che meglio risponda al soddisfacimento complessivo dei bisogni e delle aspirazioni legittime di