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Capėtolo terzo
seguito a quel colloquio. I tempi erano maturi. La virtų del Re, i profondi accorgimenti del suo ministro, il patriottismo del suo popolo, la generositā del suo alleato, avevano in dieci anni preparato il grande rivolgimento. Tutta Europa ascoltava il grido che s'innalzava al trono di Vittorio Emanuele. Veniva la Francia al nostro soccorso ; si combatteva a Palestro, a Monte-bello e infine qui, a Magenta.
Č qui, su questo campo, che si decise il primo atte della grande tragedia: č qui che propriamente fu liberata la Lombardia. Ripensiamo le vicende dell'eroica battaglia, egualmente onorevole pei vincitori e pei vinti, perchč, se fu diversa la fortuna, fu eguale da ambo le parti il valore. Le schiere austriache, abbandonato il Piemonte, si erano addensate sulla sinistra del Ticino da Robecco a Boffalora, per assalire l'esercito francoitaliano al suo primo irrompere sul suolo lombardo. Nel mattino del 4 giugno l'imperatore Napoleone conduceva la Guardia Imperiale al gran ponte sul Ticino, mentre il generale Mac-Mahon, seguito dall'esercito piemontese, doveva muovere da Turbigo a Magenta. Il ponte, minato dal nemico, non era completamente rovinato, cosė che dava ancora il passaggio ai soldati ed ai cannoni. Passa infatti la Guardia coli'Imperatore e col generale Saint-Jean d'Angely; ma questi, accortisi che un grosso nerbo di nemici li aspettava all'altezza del Ponte Nuovo, si arrestarono in attesa che cominci il tuono del cannone di Mac-Mahon. Era il tocco e mezzo quando si intesero i primi colpi; ed ecco di subito avanzarsi la Guardia, e venire al cozzo con la prima schiera dell'esercito nemico. La lotta fu subito tremenda ed angosciosa pei Francesi, chč il cannone di Mac-Mahon s'era di un tratto ammutolito, e dalla destra del Ticino, per l'impedimento della via, non