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Discorso pronunciato al cimitero da un professore davanti al feretro di un suo scolaro.
Signori !
Questa mattina, all'inizio della mia lezione, al nome
di____ non rispose il solito e vibrato «presente!». E
come potea rispondermi l'amato scolaro, se il soffio gelido della morte ne avea poco prima, all' improvviso e per sempre, ghiacciate e rese immobili e dure le labbra?
Con tremula mano e con dolore profondo ho tirato una riga nera sul nome dell'amato discepolo, che silenziosamente avea per sempre disertato la classe.
Cancellato il suo nome nella scuola, eccomi qui con voi a scrivere lo stesso nome nel libro eterno, nel libro tetro di questo recinto, muto e solenne per dolore.
Povero G.... ! Appena cominciasti a gustare il sapere umano, al primo sorso, allontanasti le labbra giovanili della coppa dorata della scienza; e, come il bambino sopraffatto dalla stanchezza e dal sonno respinge l'amoroso seno materno, tu respingesti la coppa dell'umana sapienza, e: « Basta, non ne vo' più! » dicesti. Ed al sapere ed alla vita tu preferisti il rifugio dell'ombra nell'eternità, per dormire sempre, perchè i tuoi occhi non vedranno più mai il sole !
Io comprendo perfettamente, o signori, questo fenomeno che addomandiamo : « cessazione della vita » ; io comprendo la morte, fatto naturale, logico, necessario, inevitabile.
Nè il pensiero della morte mi muta, nè la sua presenza mi spaventa. Ciò che realmente non comprendo; ciò che non mi posso spiegare è la morte dei bambini,