Discorsi inaugurali 249
fra le insidie d'un morbo che non perdona, fra i gemiti degli infermi, tra le angoscie dei fuggiaschi, fra le preghiere dei derelitti, fra i rantoli dei morenti.
Ove fosse una lagrima da tergere, una consolazione da apprestare, Egli accorreva primo. E l'esempio non fu sterile, come ben vide in questi giorni l'Italia, funestata da crudele calamità. Nè altrimenti che i dolori, Re Umberto soleva far proprie le gioie altrui, partecipando a qualunque utile impresa, a qualunque opera benefica, a qualunque geniale convegno; tanto nel Sovrano l'innata generosità, solo curante del pubblico giovamento, sapeva volta a volta contemperarsi o colla temerità d'un eroe, o colla tenerezza d'un fratello, o coi sagaci consigli del filantropo.
Nell'esercizio delle regie prerogative, leale, scrupoloso, equanime. Aperto del pari alle più moderne idee, come rispettoso delle tradizioni della sua Casa. Devoto alla causa del progresso e alla causa dei deboli ; pronto in ogni congiuntura agli inviti del dovere, agli ammonimenti della ragione, ai sublimi tripudi del sacrificio.
Tale fu Umberto I, degno figlio del Re Galantuomo, del primo soldato dell'indipendenza nazionale. Questi aveva dedicato audacia, senno, valore a far la patria libera ed una; quegli le giovò in modo precipuo, ispirato dal sorriso della Compagna dolcissima, coll'eser-cizio d'una mite potestà, intesa a fecondare i germi del lavoro e della ricchezza, a conquidere lo affetto degli- Italiani !
Sire!
La piena del dolore filiale non tolse all'acutezza del Vostro intelletto la sicura visione delie nuove necessità, dei nuovi destini d'Italia. Sedeste arbitro sereno in mezzo a contese, che sono frutto della vita ci-
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