Discorsi inaugurali 7
lenza procellosa. Ma voi lo ricordate: egli era un gigante barbuto dagli occhi infantili ; egli traspariva la vigoria da ogni gesto; egli aveva una voce sonora e delle mani possenti. E con tutta la sua forza frenava il turbine delle idee e la corsa baldanzosa delle parole; egli martellava, piegava, foggiava; voleva donarsi a tutti, e a tutti parlare, e con rude fatica, e con aspris-simo sforzo schiariva, semplificava, purificava, costringeva lo spirito suo a rimanere entro la scorza della vita e nutriva di carità umana e di umana poesia il suo sogno cresciuto giovinetto sui monti, cioè più prossimo al cielo. Stupenda è quella verità che è la sostanza di tutta l'opera sua, stupenda perchè essa si dibatte tra la terra ed il volo, perchè sul rigore e sulla precisione delle sue forme risplendono i riflessi lontani dell' infinito. Pare che egli si stacchi dall' ideale per seguire piccole passioni, umili dolori, timidezze che sembrano orgogli. E invece dalla prima sua riga all'ultima non c' è che la nostalgia dell' ideale.
Per questo non conobbe egoismi, e fu, davanti all'arte, disinteressato come se fosse stato appena un umile soldato della grande battaglia. Se altri conquistava una verità si allietava di quella, come se egli stesso l'avesse incatenata. Voleva la bellezza diffusa, e che tutti cooperassero ad esaltarla ; voleva che ogni lavoratore avesse la sua vittoria e aiutava, partecipava, difendeva gli altri con quella sua maschia giustizia di cavaliere impeccabile; e rimproverava con gravità affettuosa e dolente chi si mostrava minore del proprio destino; si prendeva seco i giovani e li illuminava e li stimolava e li spingeva avanti e si mescolava alla loro vita e poneva sulla loro spalla la mano onesta, e parlava con loro del passato e dell'avvenire, e cantava dei versi, e squillava delle gioconde risate, e intrecciava