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tilezza e la semplicità che furono i caratteri dell'arte sua ; e la eloquenza spontanea e sobria del suo discorso domestico era pura e vivida come quella della sua prosa scritta.
La sua anima era grande come il suo pensiero, come quella espansiva e conquistatrice. Intorno a lui l'ammirazione diventava amore e l'amore ammirazione. L'artista era così alto, eppure pareva cosi vicino! Sceglieva, per raccontarcela, una piana storia, uguale alla nostra vita, col suo grigio, col suo poco sole, col cerchio laminoso della lucerna sulla tavola familiare. E nella piccola storia noi sentivamo a poco a poco aprirsi un mondo, ed eravamo condotti sulle orme stesse dei nostri passi a scoprire la sorgente d'una poesia profonda e soave, amara un poco ma fortificante; mille segreti di noi, dell'anima nostra, ci apparivano svelati ; mentre credevamo di piangere sulla bambola della piccola Gemma, piangevamo sulle nostre tristezze recondite, e quel dolore vero messo in contatto col dolore espresso dall'arte si sollevava consolato fino alla speranza.
Ecco il segreto della grandezza di Giuseppe Gia-cosa. Inutile cercare fino a quanto fu romantico e fino a quanto fu verista ; inutile dividere l'opera sua in classi e in categorie. Miracolosa d'unità è quest'opera, d'una unità che bisogna misurare con altro metro che non quello del critico. Nacque tutta da uno stesso istinto dell'altro, da un bisogno spirituale di comunicare con la vita, di essere fraterno con gli uomini, di penetrare nel loro spirito. Qualche volta pare un grande abbraccio sicuro e veemente, qualche volta una delicata carezza. Nel suo cervello quest'arte doveva fiammeggiare e bruciare, doveva essere estasi incomposta, desiderio tormentoso, delizia e spasimo; il soffio dell'ispirazione doveva imperversare entro di lui con una vio-