Discorsi inaugurali
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struendo l'atrio sontuoso e al magnifico scalone pel quale si ascende alla galleria Palatina, e subito, a gran voce, i pių chiari architetti del mondo, unanimi ammirarono, lodarono senza restrizioni, il collega livornese, e le accademie estere fecero a gara nell'onorario, proclamandolo artista tra i contemporanei eccellente.
Se č vero che le ombre dei trapassati non si allontanano da quelli che amarono sulla terra, e le anime loro sentono, godono e soffrono, de' piaceri e dei dolori di chi lasciarono, cari, nel mondo, lo spirito magno di Emilio De Fabris dovette certo, ne' gioni di trionfo del prediletto discepolo suo, esser lieto come mai non era stato sulla terra.
Ma il faticoso lavoro intellettuale, a cui si assoggettava indefesso Luigi Del Moro, doveva naturalmente fiaccare la tempra sua robustissima, e l'anemia cerebrale, verso la fine del 1895, per la prima volta, rese dubi-tosamente affannosi quanti lo amavano.
Se Egli avesse, come i medici gli consigliavano, lasciato i molti incarichi che volonteroso aveva accettato, se gli fosse riuscito, nella quiete campestre, o tra la serena pace del suo mare, confortato dall'affetto de' congiunti e degli amici, di rimanere per qualche mese inoperosa, forse per lunghi anni ancora Luigi Del Moro sarebbe proficuamente vissuto.
Ma Egli, sorridendo, a chi gli domandava notizie della sua salute, e lo spronava a curarsi, dopo tanto lavoro, ripeteva che l'arte di Michelaccio non era fatta per lui, anche perchč non aveva guadagnato tanto da poter fare il signore!
Questo mirabile artista, per vero, al bene suo proprio antepose sempre l'ideale fulgidissimo che gli sorrideva allettatore nella mente, e nessuno meno di Lui corse dietro alla ricchezza, che facilmente avrebbe con-